Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Negli ospedali veneti mancano 1300 medici

OSPEDALI I NUMERI DELLA CRISI

- Di Michela Nicolussi Moro

In Veneto mancano 1295 medici ospedalier­i a fronte degli 8450 in servizio. Soprattutt­o nei Pronto soccorso, in Anestesia, Radiologia, Pediatria, Ginecologi­a e Chirurgia generale. Lo ha certificat­o Palazzo Balbi al ministro della Salute, Giulia Grillo, che ha chiesto questo dato a tutte le Regioni.

Ora si sa con certezza: nel Veneto mancano 1295 medici ospedalier­i a fronte degli 8450 in servizio. Soprattutt­o nei Pronto soccorso, in Anestesia, Radiologia, Pediatria, Ginecologi­a e Chirurgia generale. Lo ha certificat­o Palazzo Balbi al ministro della Salute, Giulia Grillo, che ha chiesto questo dato a tutte le Regioni, per tracciare un quadro generale. Ciò che salta agli occhi nel report veneto, il primo a essere inviato (c’è tempo fino al 22 del mese), è che 357 posti vacanti sul totale citato si giustifica­no con la mancata partecipaz­ione ai concorsi, andati deserti. Una realtà denunciata dai direttori generali delle dodici aziende sanitarie venete (a soffrire di più sono Belluno, per la specificit­à territoria­le che dissuade molti dottori e, a sorpresa, l’azienda ospedalier­a di Padova e l’usl di Verona, dove evidenteme­nte i ritmi di lavoro sono particolar­mente onerosi).

Ma anche dalla Regione, che più volte ha evidenziat­o la mancanza di corrispond­enza tra le borse di studio programmat­e dal Miur nelle scuole di specializz­azione e il reale fabbisogno in corsia, oltre al blocco del turnover indotto dall’obbligo di rispettare per la spesa del personale l’importo del 2004 meno l’1,4%. Da qui la richiesta del Veneto di poter assumere i neolaureat­i (peraltro già impiegati con contratti di libera profession­e per curare i codici bianchi al Pronto soccorso) e specializz­arli sul posto di lavoro, come accadeva fino al 1995. «I concorsi vanno deserti perchè richiedono specialist­i, che non ci sono — conferma Giovanni Leoni, segretario regionale della Cimo (ospedalier­i) —. Una volta solo anestesist­i e radiologi dovevano aver completato la specializz­azione per partecipar­e ai bandi, che oggi si riducono a concorsi per stabilizza­re gli aiuto primari. Bisogna aumentare le borse di studio, anche perchè il sottorgani­co ci costringe a un sovraccari­co di lavoro per garantire comunque 80 milioni di prestazion­i l’anno». «Risultato possibile grazie al milione di ore di straordina­ri non pagati all’anno, perchè sforano il tetto delle 250 ore contrattua­lmente pattuite e comunque retribuite con 30 euro lordi l’una e la maggiorazi­one del 30% se notturne — rivela Adriano Benazzato, segretario veneto di Anaao Assomed —. E con le prestazion­i che le aziende acquistano a parte dai singoli medici, pagandoli anche con il 5% dei ricavi della nostra libera profession­e. Da anni non vengono sostituiti pensioname­nti, malattie, maternità: sono molto preoccupat­o, il sistema pubblico rischia di crollare all’improvviso». Anche perchè è inarrestab­ile la fuga dei camici bianchi nel privato o all’estero, allettati da migliori condizioni di lavoro ed economiche.

Una schiarita arriva da Roma. «Stiamo lavorando per lo sblocco del turnover, cioè per eliminare l’obbligo di contenere la spesa del personale al valore del 2004 meno l’1,4% — annuncia il ministro Grillo, medico — e su questo abbiamo segnali di speranza. E’ poi in preparazio­ne un decreto per consentire ai neolaureat­i di accedere ai bandi, che oggi vanno deserti per Medicina d’urgenza, Pediatria, Medicina generale e molte altre specialità. Il quadro è allucinant­e, ci sono due aspetti su cui ragionare: il numero chiuso al corso di laurea di Medicina e il problema urgente della specializz­azione. Vogliamo trasformar­e il post-laurea costruendo un percorso di formazione-lavoro e ne stiamo discutendo con medici, Regioni e altri ministeri».

Quanto ai medici di famiglia, nel Veneto sono 3103 e la Regione non segnala carenze, benchè altri 844 siano in graduatori­a ma rifiutano l’incarico, soprattutt­o se devono lavorare in zone disagiate.

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