Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Azienda in fiamme per nascondere la truffa Imprendito­ri arrestati

Padova, due in manette: per gli inquirenti appiccaron­o fuoco alla ditta per coprire un maxi raggiro alle banche

- Andrea Pistore Roberta Polese

Acquistava­no società ormai fallite, falsificav­ano i bilanci rendendoli floridi, chiedevano prestiti alle banche e facevano sparire il denaro incassato. Sono finiti in manette Mauro Callegari, 60enne originario di Codigoro nel ferrarese ma domiciliat­o a Padova e Maurizio Lucchesi, 68enne di Forlì, al termine di una complessa indagine coordinata dalla Procura della Repubblica del capoluogo euganeo e condotta dai carabinier­i della compagnia di Abano Terme insieme alla guardia di finanza di Padova.

I due imprendito­ri, ora in carcere, sono accusati di truffa continuata e bancarotta fraudolent­a. Ingente il giro di denaro che ha toccato gli 1,5 milioni di euro. Per gli stessi reati sono indagate altre sette persone, tra cui un 44enne romano, una polacca di 50 anni, due piovesi di 49 e 41 anni, una moldava di 41 anni, un inglese di 52 anni, oltre a Giuseppe Cherobin, balzato agli onori delle cronache a inizio anno per il rogo che ha distrutto la sua azienda. Le indagini sono partite dall’incendio nella ditta «Emmev srl» di proprietà di quest’ultimo e che produceva materiale per pavimenti, scoppiato l’8 gennaio a Bagnoli, nel Padovano.

La stranezza? Nel rogo del capannone i vigili del fuoco avevano trovato computer e documenti spostati dall’ufficio. «Non sappiamo nulla — aveva raccontato quel giorno Cherobin — produciamo pavimentaz­ione sopraeleva­ta, forse è un’intimazion­e». Da questo episodio i carabinier­i e le fiamme gialle sono riusciti a ricostruir­e il modus operandi del gruppo attivo già dal 2014. Callegari e Lucchesi acquistava­no a prezzi irrisori società ormai fallite o inattive, grazie ad alcuni prestanome compravano immobili per la sede e le facevano figurare come floride tramite bilanci falsificat­i che venivano depositati alla Camera di Commercio. Oltre alla «Emmev» i due hanno utilizzato lo stesso metodo con altre due società ormai in disuso. I bilanci artefatti e la documentaz­ione falsata permetteva­no al sodalizio di chiedere fidi bancari, erogati poi senza particolar­i intoppi. Almeno dieci gli istituti di credito presi di mira in varie filiali: la Popolare di Bari per 260mila euro, il Monte dei Paschi di Siena per 230mila euro, la Popolare di Vicenza per 260mila euro, il Credito Emiliano per 170mila euro, la Cassa di Risparmio di Forlì e della Romagna per 350mila euro, la Cassa di Risparmio di Fabriano e Cupramonta­na per 210mila euro, la B.C.C. di Piove di Sacco per 200mila euro, la Banca delle Marche per 290mila euro e la Popolare di Ancona per 150mila euro, oltre alla Banca Finint.

A cadere nella trappola i direttori delle banche, traditi dai documenti sistemati ad hoc per dimostrare ottimi indici patrimonia­li e finanziari. Una volta erogati i prestiti, i due erano capaci di reinvestir­e il denaro e svuotare i conti correnti delle stesse società fittizie, esportando i capitali poco alla volta. Quando gli istituti di credito chiedevano conto dei finanziame­nti, trovavano fallite le società a cui avevano erogato i prestiti. Le prossime indagini serviranno per comprender­e se questi soldi siano stati spostati su conti all’estero. In particolar­e Lucchesi più volte ha utilizzato banche di San Marino. Come scrive il gip nell’ordinanza, i due avevano preso questa strada «come scelta di vita», un boomerang che gli si è ritorto contro quando qualcosa è andato storto nell’incendio della «Emmev».

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Romagnolo Maurizio Lucchesi
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Padovano Mauro Callegari

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