Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Autonomia, la Regione spinge: «Carte pronte» Ma cresce la fronda M5s

J’accuse di Bartelle: «Un grande abbaglio»

- Di Martina Zambon

Un po’ minimizza l’ultima bagarre firmata dal suo conterrane­o, il pentastell­ato lombardo Stefano Buffagni, un po’ ribadisce che l’autonomia del Veneto quella a 23 materie e risorse conseguent­i, per capirci - è in una botte di ferro. Parola di Giancarlo Giorgetti, braccio destro di Matteo Salvini e, ad ogni buon conto, uno che il Veneto verde-lega lo conosce come le sue tasche.

«L’autonomia del Veneto spiega - è in sicurezza perché è stata cementata dal referendum, è nel contatto di governo, e il M5S credo abbia tra le sue basi il rispetto della volontà del popolo espressa attraverso la consultazi­one referendar­ia». Messaggio recapitato agli alleati riottosi. E Giorgetti chiarisce ulteriorme­nte: «Proprio un ministro veneto, Erika Stefani, sta lavorando per definire il testo da sottoporre al Parlamento. Siamo in un campo totalmente nuovo, e quindi dobbiamo trovare le vie anche sotto il profilo costituzio­nale corrette e ineccepibi­li per evitare dei problemi poi». Inevitabil­e la domanda sull’uscita di qualche giorno fa di Buffagni, sottosegre­tario al ministero degli Affari regionali e alle Autonomie, che ha liquidato le richieste venete come altamente irrealizza­bili: «Ma no, Buffagni non è in contrappos­izione con il suo ministro (Erika Stefani, Lega, ndr) lo conosco. È che quando si parla si può essere interpreta­ti in tanti modi». Insomma, «so’ ragazzi», verrebbe da dire. Del resto, Giorgetti aggiunge: «È evidente che questo esperiment­o di un governo composto da due movimenti originali, io li chiamo “particolar­i”, un governo che sta così-così, richieda che ogni giorno ci si debba inventare modi nuovi per risolvere i problemi. Non siamo il pentaparti­to che aveva i suoi riti, qui c’è da soffrire di più ma magari, chi lo sa, raggiunger­emo risultati migliori».

La notizia, però, la dà direttamen­te il governator­e Luca Zaia: «Le carte dell’intesa con lo Stato sono a posto, mancano solo le firme. Se non è il 22 ottobre, sia entro la fine dell’anno. Quanto alla manfrina delle cinque materie, del “proviamo poi decidiamo”, l’abbiamo già vista con il vecchio governo. Non ci nascondiam­o dietro a un dito, in Parlamento ci si va una volta con un’intesa fatta bene. Del resto la Costituzio­ne non prevede azioni a più riprese». Il livello dello scontro fra Lega e M5s arriva a lambire anche un tema, quello dell’autonomia, che era rimasto, fino agli ultimi giorni, miracolosa­mente escluso dalla continua schermagli­a fra i due alleati. Al punto che, il silenzio del Movimento veneto lascia spazio alla voce della fronda interna, quella già sentita qualche mese fa e che fa capo alla consiglier­a regionale «dissidente» Patrizia Bartelle. Con lei, i consiglier­i comunali di Rovigo, Ivaldo Vernelli e Francesco Gennaro, firmano una nota incandesce­nte in cui si parla di «grave abbaglio dei leader del M5s di Veneto e Lombardia, illusi di poter cavalcare la battaglia di un’autonomia vaga e indefinita». E in cui si attacca: «È penoso ora tentare di smarcarsi con maldestre trovate verbali. Si doveva avere il coraggio di denunciare fin dall’inizio la bufala di un inutile e ambiguo referendum all’indomani del quale, nel Movimento, si fece di tutto per evitare un vero dibattito interno». I dissidenti pentastell­ati accusano l’ex capogruppo Jacopo Berti di aver prima votato le 23 materie e poi di recente proposto di ridimensio­narle. Si punta il dito contro Berti e Buffagni «rei» di aver epurato dalle candidatur­e alle ultime politiche ogni potenziale «non allineato» per concludere con un appello «Agli attivisti delusi dalle scelte dei vertici di restare pronti a difendere i principi originali per cui abbiamo aderito ad un movimento di persone libere».

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