Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
L’hub di Cona brucia Migranti fra le fiamme
Due intossicati. Il sindaco: «Fulmine divino, la base va chiusa»
È bruciata in una manciata di minuti la tenda n.5 dell’hub di Cona. A mezzogiorno e mezzo di ieri il rogo (foto Errebi). Visibile a km di distanza la colonna di fumo nero. Due ragazzi nigeriani intossicati, cercavano di salvare i loro documenti. Ancora non chiare le cause, si pensa a un fornelletto.
Un’alta colonna di fumo nero e denso ha sconvolto ieri l’aria solitamente immobile dell’ex base militare di Conetta, ai confini fra Venezia e Padova. L’hub che è arrivato a ospitare fino a 1500 richiedenti asilo, quello da cui sono partite le due marce della speranza nell’autunno del 2017, ha rischiato di finire incenerito da quello che il battagliero sindaco di Cona, Alberto Panfilio, ha definito un «fulmine divino, un memento perché finalmente questo luogo di vergogna sia chiuso».
Ad andare in fumo nel giro di pochi minuti è finito uno dei tendoni che ora ospitano 420 migranti. Precisamente la «tenda numero 5» che ospitava 115 ragazzi. Un’altra tenda, la numero 3 è stata comunque dichiarata inagibile perché impregnata di fumo. Tanto che sono state montate due nuove tende per accogliere, la notte scorsa, gli «sfollati». In totale sono stati coinvolti 170 ospiti. Due gli intossicati poi ricoverati all’ospedale di Piove di Sacco e dimessi in tarda serata. «Due ragazzi nigeriani spiega don Lorenzo che viene affettuosamente chiamato “il don dei Mori” - cui ho fatto visita oggi (ieri ndr) pomeriggio, pare stiano abbastanza bene». Due migranti, e non sono stati i soli, che hanno sfidato le fiamme già alte per recuperare effetti personali ma soprattutto quei «documenti», le «carte» che per un richiedente asilo sono più preziosi dell’oro. La prefettura ha rassicurato i migranti: ci sono i duplicati.
L’allarme è scattato all’ora di pranzo, poco dopo le 12.30. Immediato l’intervento dei vigili del fuoco che erano già al lavoro alle 12.45 per spegnere l’incendio. «Sono arrivati in dieci minuti» confermano alcuni ospiti. E sono poche le parole che i migranti dicono appena fuori dai cancelli dell’hub. Appare chiaro, soprattutto
«Sfollati»
Sono 170 su 420 i migranti coinvolti dal rogo nell’hub di Cona, nel Veneziano
dopo le inchieste sulla mala gestio da parte della cooperativa Edeco, che la consegna è il silenzio. Nell’aria nuovamente immobile del pomeriggio (ma ancora impregnata dell’odore acre della plastica bruciata) è un via vai ininterrotto di ambulanze, di mezzi dei vigili del fuoco arrivati da Cavarzere, Adria, Mestre, Piove di Sacco con cinque automezzi e venti uomini al lavoro incluso il Nucleo Nbcr, nucleare, biologico, chimico e radiologico. A esaminare lo scheletro annerito della tensostruttura c’era anche la scientifica oltre a svariate pattuglie della polizia e dei carabinieri della Compagnia di Chioggia con il Nucleo investigativo provinciale di Venezia. E in serata, i carabinieri del Comando Provinciale, scrivono in uno scarno comunicato che si lavora ancora per «escludere l’ipotesi di atti a sfondo razzista» anche se, si precisa, al momento nulla fa pensare a un’origine dolosa. «Può essere stato un fornelletto, una stufetta in corto circuito - spiega il sindaco Panfilio - come può essere stato un gesto deliberato degli ospiti o della stessa cooperativa, come andava un tempo per i locali che non funzionavano più. Anche se io propendo per il fulmine ammonitore» conclude, amaro, Panfilio. Verso le 15 è arrivato anche un intero battaglione di carabinieri che è uscito subito dopo, nessuna tensione all’interno. A «piantonare» i cancelli dell’ex base c’era anche il sindaco Panfilio che, come suo costume, non le manda a dire: «Sottolineo, una volta di più, che gli uomini della mia polizia locale non sono stati ammessi all’interno della base, così come il mio previsto ingresso è stato posticipato di ore al punto che sono tornato in municipio a lavorare. È tempo di chiudere questo posto che è divenuto sinonimo di vergogna. Non è ammissibile che questa gente dorma sotto i tendoni un altro inverno. E aggiungerei, se non suonasse macabro, con un incendio appena spento, che Matteo Salvini soffia sul fuoco. Anche perché se per Bagnoli di parla ufficialmente di “cessazione”, per Cona si parla di “svuotamento”». Eppure quello «svuotamento» pare essere l’unico motivo di speranza per i ragazzi chiusi a Cona da uno, due, tre anni. «I transfer sono ricominciati da qualche settimana - dice Suleiman Shaib, 28 anni del Ghana - ma qui non si può più stare. Se l’incendio si fosse sviluppato di notte molti di noi avrebbero perso la vita». Una risposta, indiretta, arriva dal prefetto di Venezia Vittorio Zappalorto: «Quel posto va svuotato - dice il prefetto non è ancora chiara la causa del rogo ma potrebbe essere legata all’uso di un fornellino. La tensostruttura non era ignifuga e quindi è bruciata subito. Lo stiamo svuotando col contagocce, 4-5 persone alla volta ma senza fermarci, ci vorrà un anno ma chiuderemo».