Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
A scuola lezioni di emigrazione veneta
La storia dell’emigrazione veneta entra in classe. Entra o, meglio, rientra con un motore più potente, grazie al coinvolgimento diretto di Regione e Ufficio scolastico regionale nella strutturazione dei corsi di approfondimento, che, fatta salva l’autonomia dei singoli istituti scolastici, saranno rivolti a tutte le scuole elementari, medie e superiori. Lo strumento è un protocollo d’intesa a tre siglato ieri a Venezia. Per la Regione, le firme di Elena Donazzan, assessore all’istruzione, e Manuela Lanzarin, parigrado ai Veneti nel mondo; Francesca Altinier per l’ufficio scolastico, quindi i rappresentati delle associazioni dei «veneti nel mondo». «É il primo documento ufficiale firmato su questi temi - le parole di Lanzarin - e permette di rendere formale l’attività che le associazioni fanno da più anni, in maniera autonoma, all’interno delle scuole, consentendo nel contempo di allargarla a tutto il territorio». In classe entreranno i racconti di una terra di migranti, che nella seconda parte dell’ottocento, tra le due guerre e ancora nel secondo dopoguerra, ha visto partire centinaia di migliaia di propri figli. Veneti di Svizzera, di Germania, Francia; navi cariche di Veneti verso Brasile, Cile, Argentina, veneti d’australia... «Si stima vi siano 5 milioni di oriundi veneti sul pianeta», ricorda Oscar De Bona, presidente
dei Bellunesi nel mondo. Un «altro» Veneto che ricorda, pensa, guarda da lontano la casa perduta. Storia collettiva e un mare di storie individuali che conservano il cordone ombelicale con le origini e cercano un riscontro, la gioia di un confronto che sia riconoscimento. Racconti di soffrenza, fatica, nostalgia e «umiltà di migranti che hanno saputo donarsi al Paese che gli ha dato ospitalità», dice Enrico Pauletto, presidente dell’associazione di emigrati verso Australia e Americhe. Storie di ieri ma anche di oggi, se non altro perché l’anno scorso 12 mila veneti, in gran parte giovani, hanno lasciato la regione (solo in Lombardia numeri maggiori). Poi c’è l’altra immigrazione, legna per il fuoco dell’azione politica del ministro dell’interno Matteo Salvini, motivo di scontro tra Governo ed Europa, questione che muove gli italiani, tra aperture generose e chiusure angosciose. Elena Donazzan, introducendo l’intesa a tre, accarezza appena il tema: il protocollo darà «la possibilità di strutturare dei percorsi utili per l’approfondimento su temi che riteniamo particolarmente utili e contemporanei, visto che troppo spesso vengono fatti paragoni tra l’immigrazione odierna, in cui l’italia è soggetto protagonista nelle dinamiche mondiali, e quella dei Veneti nel mondo. Studiandone la storia, ci si può invece rendere consapevoli delle molte differenze». Differenze più che similitudini. Domanda: il non detto è che la nostra emigrazione era buona, questa che ci investe non lo è? Certo, c’è l’autonomia dei presidi e la cinghia dell’ufficio scolastico, ma trattandosi di materia che tocca aule, quindi ragazzi, anche l’ombra di accenti politici pesa. Aldo Rozzi Marin, avvocato, nato in Cile da immigrati veneti e tornato in Italia negli anni ‘90, presiede l’associazione Veneti nel mondo: «Difendo la nostra identità all’estero e la nostra storia e non mi piace mettere le due cose (politica e racconto, ndr) assieme. Sono i dettagli che illuminano il quadro. Va capito come abbiano vissuto i migranti, a quali leggi siano stati sottoposti nei vari Paesi. Se capisco il tuo percorso di vita posso capirne altri e anche il fenomeno attuale nelle sue articolazioni». L’approfondimento territoriale per cui nasce il protocollo di ieri è previsto dalla legge 107 del 2015, o «Buona Scuola». La Regione, di fatto, recepisce quell’indicazione. Una commissione, in cui entreranno anche due rappresentanti delle associazioni, darà forma agli strumenti (concorsi, progetti di studio o altro) utili a che il tema migranti sia recepito dalle scuole. Piero Ruzzante, consigliere regionale, vice presidente del Pd veneto, avverte: «Innanzitutto, da storico, dico che non c’è alcuna differenza tra l’emigrazione veneta passata e quella di oggi. I veneti se ne andavano per fame, per cercare lavoro, futuro, ed erano maltrattati, malvisti. La storia dei veneti accolti bene è una favola. Ricordo il cartello al Brennero “No a italiani e cani”. Se si vuol fare storia si fa storia, sennò si fa ideologia. Comunque, auspico che il racconto di storia lo facciano gli storici, e ci sono molti professori di università per far questo, non le associazioni. Le loro testimonianze sono importanti, assolutamente, ma la storia si fa con gli storici, altrimenti si fa altro».