Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Scrive sul muro parole disperate gli risponde tutta la scuola
Bassano, una frase in inglese colpisce il preside che scrive agli studenti. La reazione è commovente
Una frase in inglese scritta sul muro della scuola: «Non c’è un posto al mondo per me». L’ha vista il preside che ha chiesto alle classi di rifletterci. È partita una gara d’affetto verso lo sconosciuto che da qualche parte combatte la sua battaglia. Decine di post: non sei solo.
«There’s nowhere for me to be», «non c’è nessun posto per me». Parole comparse ieri mattina sulla parete esterna di uno degli edifici del liceo Brocchi di Bassano del Grappa. Non la classica frase di rivendicazione, di protesta contro qualcuno o qualcosa. E nemmeno un’espressione banale, sciocca, lasciata con la sola intenzione di imbrattare un muro. Sembra invece un appello disperato, lanciato probabilmente da uno studente o da una studentessa dello stesso liceo. Un giovane che sta attraversando un momento personale difficile, che non vuole estraniarsi ripiegando su se stesso e sta lanciando un disperato messaggio in bottiglia sperando che qualcuno lo legga. Ebbene, in un solo giorno gli ha risposto tutta la scuola. Decine di frasi e fogli pieni di affetto e di cuori attaccati ovunque intorno a quel disperato «There’s nowhere for me to be».
Forse chi ha scritto queste parole sta sfidando la rassegnazione, forse si trova davanti ad un ultimo bivio. Un adolescente «invisibile», con una storia dolorosa e pesante da portare, sta combattendo una sua personale battaglia che nessuno conosce. Magari è sul punto di arrendersi e ha trovato da qualche parte il coraggio per farlo sapere ai compagni di classe, agli insegnanti, al dirigente. Poche parole, ma ragionate, scritte con tratto deciso e ordinato, che hanno colpito la sensibilità della comunità del Brocchi. Una frase che l’intera scuola ha interpretato come una richiesta d’aiuto. E infatti ha fatto scattare una gara di solidarietà ma anche la voglia di capire, di approfondire, di confrontarsi sui motivi che possono spingere a credere e ad affermare che non c’è un posto dove sentirsi a proprio agio.
Il dirigente scolastico, Giovanni Zen, non ha avuto dubbi appena l’ha letta, ieri mattina, alle 7.30, entrando nel suo ufficio. Ha subito preso sul serio la cosa. Ha scritto e diffuso nelle 90 classi del liceo una circolare con alcuni spunti per riflettere sul significato del gesto e su quelle parole in inglese che sembrano quasi scolpite sulla parete. «Quella frase non la farò cancellare ha assicurato - E non sporgerò denuncia. Non ci dobbiamo
” Il preside Ho chiesto ai ragazzi di parlare del caso in tutte le classi
fissare su un muro sporcato, ma sul contenuto del messaggio e su quello che ci vuole dire il suo autore. La scuola è la casa di tutti e il suo cuore sono le persone. Va considerata come ambiente aperto, accogliente, capace di suscitare domande e risposte che, passando attraverso gli strumenti, gli indirizzi, le materie, gli edifici, sono quelle che possono valorizzare e dare senso a tutto il resto: perché il valore dello stare a scuola sia significativo e dia esperienze da condividere».
«C’è un posto per ciascuno. Vieni, la porta è sempre aperta, non serve nemmeno bussare»: è la rassicurante risposta che il dirigente, gli insegnanti e il personale Ata del Brocchi hanno lasciato in un post-it collocato sopra la scritta anonima nella speranza che l’autore la legga e accolga l’invito. Anche gli studenti non sono rimasti indifferenti al messaggio. Spontaneamente hanno teso una mano allo sconosciuto. E i bigliettini sulla parete si sono presto moltiplicati attirando ulteriore attenzione e stimolando riflessioni personali.
C’è chi chiede il «perché?» di quel contenuto così forte; chi risponde in inglese riportando il titolo del celebre brano dei Beatles «All you need is love»; chi si offre di ascoltare il mittente del messaggio e chi tenta di fargli capire che
” I ragazzi Ehi, non sei solo e non sei il solo a vivere un momento di sconforto
non è solo, o il solo a vivere un momento di sconforto.
Una sorprendente e improvvisa dimostrazione di vicinanza e di sostegno fatta di frasi pensate. Una reazione che colpisce ancora di più in un’epoca in cui i giovani comunicano soprattutto attraverso i social e spesso utilizzano linguaggi aggressivi o termini forti. La lettera del dirigente che tutte le classi hanno discusso durante le lezioni si conclude con un augurio rivolto all’autore o all’autrice della scritta: «Lungo questi sentieri non si limiti solo al “for me”, solo a se stesso, ma si apra, naturalmente, al “for us”, al per noi».