Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
«Sulla morte di Isabella non c’è vera prova di omicidio premeditato»
Processo Noventa in appello, le difese: «Cacco non credibile»
Le parole di Manuela Cacco non sono credibili, non hanno trovato riscontri se non nella parte che la riguardava, ovvero il travestimento con il piumino bianco e la passeggiata in centro a Padova la notte del 15 gennaio 2016, per depistare le indagini. Per tutto il resto, ovvero l’omicidio di Isabella Noventa per opera di Debora Sorgato, la premeditazione dovuta alla gelosia e all’invidia, la sottomissione del fratello Freddy al volere della sorella e quindi la complicità nell’omicidio premeditato, non troverebbero riscontro nelle prove di un processo in abbreviato celebrato, dicono i legali «solo per via indiziaria» e che ha portato Freddy e Debora a 30 anni di pena, e a 16 anni alla tabaccaia Manuela Cacco. Sono questi i punti cardine su cui si ancorano le richieste di revisione della condanna degli assassini della 54enne segretaria di Albignasego, uccisa e gettata nel Brenta la notte tra il 15 e il 16 gennaio 2016, promosse anche ieri dalle difese degli imputati nell’aula bunker di Mestre, dove si sta celebrando il processo di Appello ai tre condannati. Dopo la prima udienza della settimana scorsa, in cui il procuratore generale Giancarlo Buonocore ha chiesto la conferma delle condanne inferte dal giudice Tecla Cesaro con rito abbreviato, ieri la parola è andata alle difese. Luca Motta, legale di Debora Sorgato che ha assistito al processo seduta al suo fianco, ha chiuso la sua istruttoria chiedendo l’assoluzione per la donna: «L’omicidio e la premeditazione non sono stati provati» ha detto, sottolineando come l’istruttoria fatta dal pm Giorgio Falcone si sia basato solo sul racconto della tabaccaia veneziana Manuela Cacco, rivale