Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
L’istituto Barbarigo compie cento anni tra storia e cultura
Padova, l’istituto simbolo e le sfide contemporanee
Cento anni di storia e cultura. Li compie l’istituto Barbarigo di Padova, una scuola che è anche uno dei simboli della città dal 1919 ad oggi. Tra il chiostro, le sale all’ombra dei portici maestosi e tra quei banchi sono passati migliaia di allievi che poi nella vita hanno lasciato il segno. Cattolici certo, ma anche ebrei, cinesi e musulmani. Tra loro anche uno dei più famosi tatuatori a livello internazionale, Matteo Nangeroni. Una scuola accogliente, che non ha mai escluso nessuno, nè prevede test d’ingresso. Tra gli «ex» famosi anche un martire, padre Ezechiele Ramin, poi diventato missionario e ucciso in Brasile per il suo impegno a favore dei contadini. E proprio nell’anno del centenario, padre Ramin potrebbe essere proclamato beato.
Dalla Resistenza al nazifascismo, il Barbarigo ha sempre avuto un ruolo fondamentale nelle vicende di Padova. E dopo la fine della guerra ha accolto sfollati e rifugiati.
Il passato e il presente dell’istituto Barbarigo, sono narrati in un libro a cura di don Cesare Contarini, attuale Rettore e per molti anni direttore del settimanale della diocesi di Padova. Attraverso parole e immagini il libro ripercorre il cammino di un secolo: storie di studenti, docenti e personaggi di una scuola da sempre punto di riferimento educativo e culturale a Padova.
Domani il volume viene presentato in Sala Rossini del Pedrocchi (ore 18). E poi arriverà dritto nelle mani di Papa Francesco, che in marzo riceverà in udienza privata don Cesare Contarini e tutta la scuola.
La storia del Barbarigo inizia nel 1919 con il vescovo di allora, monsignor Luigi Pellizzo che decise di fondare a Padova un collegio-convitto e lo dedicò a un altro illustre vescovo padovano, Gregorio Barbarigo, canonizzato da Papa Giovanni XXIII nel 1960. Negli anni poi, tra quelle mura è successo davvero di tutto: durante la Resistenza l’istituto si trasformò in magazzino di esplosivi, tipografia clandestina, covo di partigiani. Tanto che alcuni professori furono arrestati proprio al Barbarigo. E gli allievi si unirono ai partigiani, due di loro, 18enni, Benedetto de Besi e Guido Puchetti furono uccisi a Piacenza D’adige.
Nel maggio del 1945 poi, il Barbarigo ospitò 14.437 ex internati, in quegli anni responsabile era don Giovanni Nervo che poi andò a capo della Caritas. Tra gli anni Sessanta e Settanta, poi, fu il momento dei grandi cambiamenti, primo tra tutti l’apertura alle ragazze che in pochi anni diventarono così numerose da superare i maschi. Negli anni Novanta invece, la sfida fu quel la dell’internazionalizzazione con scambi tra studenti stranieri.sotto la guida dell’attuale Rettore don Cesare Contarini, la scuola prosegue nel percorso di rinnovamento, promuovendo molte attività extrascolastiche, dal volontariato, alla musica, ai progetti internazionali. E dal 2010 è partita l’esperienza del Liceo Musicale. Nel libro, ampio spazio e foto anche sulla storia dell’antica location del Barbarigo, Palazzo Genova in via Rogati, costruito a inizio del Cinquecento: l’intera facciata è in pietra di Asiago bianca e rosa e in trachite grigia. L’interno è stato varie volte ristrutturato nel corso degli anni.fiore all’occhiello della scuola, gli allievi ed ex allievi. Nell’ultima parte del volume, tante le testimonianze di chi da quei banchi ha spiccato il volo. Da Andrea Azzolini, celebre pianista, a Giorgia Caovilla erede dell’omonima dinastia di imprenditori di scarpe e fondatrice del brand O’jour, a Marco Canella responsabile del gruppo di supermercati Alì, poi don Dante Carraro direttore del Cuamm, Federico De Stefani presidente di Sit Group azienda quotata in borsa, Francesco Peghin presidente Blowtherm e molti altri.
Attualmente sono 280 gli studenti del Barbarigo, tra liceo scientifico, liceo classico, Istituto tecnico e economico. «Al centro per noi c’è sempre lo studente - dice don Cesare Contarini - . Accogliamo i ragazzi così come sono, senza fare test d’ingresso e cerchiamo di portarli dove possono arrivare, secondo le possibilità di ciascuno. La scuola deve favorire la realizzazione personale».