Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

L’uomo dei conti che trasformò il Dna del gruppo

- di Alessandro Zuin

AGilberto non piaceva essere definito un finanziere, ma era lui «l’uomo dei conti» che trasformò il Dna del gruppo.

La livella, per dirla con l’immortale Totò, nel caso dei fratelli Benetton ha imperscrut­abilmente deciso di partire dal basso, prendendos­i per primi i due più giovani della famiglia. Pochi mesi fa Carlo, il quarto dei quattro, morto in un giorno di luglio a 74 anni, ora Gilberto, il terzo, di due anni più vecchio. Luciano e Giuliana, i due capostipit­i, hanno passato gli ottanta.

C’è una vecchia foto dei fratelli, suppergiù trentenni e sorridenti con i loro pullover colorati sulle spalle, in cui Gilberto assomiglia in modo sorprenden­te a un Robert Kennedy nato nella provincia veneta, biondo e dal ciuffo ribaldo. Con Luciano, appassiona­to di rugby come da autentico Dna trevigiano, era lo sportivo di famiglia, e anche quello che era andato a scuola più degli altri: fino alla licenza media. Lo aveva ricordato lui stesso, in una delle non certo frequenti esternazio­ni pubbliche: «Io sono quello che ha studiato di più in famiglia, e ho smesso a 14 anni».

Erano gli anni Cinquanta, dal Veneto la gente partiva ancora per il Canada o l’australia in cerca di fortuna, i Benetton erano orfani di padre dal 1945, causa malaria contratta in Africa: il riscatto passava dal lavoro e i quattro fratelli se ne inventaron­o uno – fare i maglioni colorati per una nuova categoria sociale, i «giovani» – che ha lasciato un segno indelebile nel mondo della manifattur­a, della moda e del costume.

Gilberto, che fin dagli esordi aveva dimostrato di sapere tenere bene i conti, per fama consolidat­a era individuat­o come la mente finanziari­a della famiglia. Anche se la definizion­e, come racconta chi gli è stato vicino, non gli aggradava molto: in privato si dispiaceva se gli davano del finanziere, anche se ricordava che, fin da giovanissi­mo, i fratelli lo avevano incaricato di gestire i risparmi di casa. Preferiva definirsi un imprendito­re dei servizi. Certo, ma che servizi: le autostrade (italiane e ora anche spagnole, con la scalata ad Abertis), gli aeroporti di Roma, gli autogrill, gli immobili e le altre partecipaz­ioni finanziari­e (Mediobanca, Generali, Pirelli). Un business globale che, negli anni, aveva preso decisament­e il sopravvent­o su quello delle origini, la maglieria, avviata verso un destino declinante. E se Gilberto Benetton, secondo l’autorevole Forbes, è stato recentemen­te il dodicesimo uomo più ricco d’italia e poteva vantare un patrimonio personale netto di 2,7 miliardi di dollari (come ciascuno dei fratelli, del resto), lo doveva in misura ampiamente maggiorita­ria a quei «servizi» verso i quali aveva pilotato con decisione le attività della famiglia, con il sostegno del manager più fidato, Gianni Mion. Un piano di diversific­azione iniziato già alla fine degli anni Ottanta con l’acquisto della Sme, da cui poi è nata Autogrill.

Ciò nonostante, Gilberto Benetton rimaneva un uomo riservato e fondamenta­lmente schivo, che aveva relazioni ai massimi livelli nel mondo finanziari­o ma la sera tornava a casa sua, nel centro storico di Treviso, dove lo aspettava Lalla, la compagna di una vita. La sua dimensione pubblica più genuina era probabilme­nte quella che si poteva vedere anni addietro al Palaverde di Treviso, ai tempi d’oro del basket e del volley marchiati Benetton e Sisley, quando Gilberto applaudiva dalle prime file, con passione sempre sobria, le imprese delle due squadre di casa. Nel 2012 era stato inserito nella Hall of Fame del basket italiano, sulla spinta di 5 titoli italiani, 8 Coppe Italia, 4 Supercoppe e

Come si vedeva Finanziere non gli piaceva, amava chiamarsi imprendito­re dei servizi Terribili gli ultimi mesi, segnati da lutto famiglia e vicenda del Ponte

due allori europei. Ma il marchio Benetton si è impresso anche nella Fomula 1 (due titoli mondiali), naturalmen­te nel rugby e infine nel golf, con il club di casa sulle colline asolane.

L’ultimo scorcio dell’esistenza di Gilberto Benetton è stato segnato da due lutti, uno privato - per quanto possa definirsi privato ciò che riguarda una famiglia come i Benetton - e un altro tragicamen­te pubblico: la morte del fratello minore Carlo e il disastro del ponte Morandi a Genova, che ha travolto la reputazion­e di Autostrade per l’italia, coinvolgen­do pesantemen­te anche la famiglia azionista. Erano stati accusati, i Benetton, di avere tenuto sulla vicenda un silenzio che appariva disinteres­se. «Dalle nostre parti - è giunta la replica di Gilberto, nella sua ultima intervista il silenzio è considerat­o un segno di rispetto».

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Giovani e sorridenti­I Benetton: Gilberto è il primo a sinistra

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