Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
La strada è ancora lunga nell’intesa non ci sono decisioni su soldi e tasse
Dopo la firma, una commissione proseguirà il lavoro
«Complicato» è la parola più usata, ieri, per ripercorrere la «madre di tutte le battaglie (pacifiche)» per dirla con il governatore Luca Zaia riferendosi al gonfalone di San Marco «Unica bandiera a contenere la parola “pace”». E, a scorrere, la tabella di marcia per arrivare a una vera autonomia, il parallelo bellico calza a pennello. Una lunga guerra di trincea. Perché, come ha spiegato Mario Bertolissi, decano della delegazione trattante veneta, si tratta di una svolta rivoluzionaria dal 1970, l’anno in cui sono nate le Regioni. Complicata perché l’autonomia veneta (o con più probabilità lombarda-veneta) farà da battistrada per tutte le altre, dall’emilia-romagna alla Liguria passando per Piemonte, Umbria e Marche, vale a dire i dossier già arrivati sulla scrivania del ministro Erika Stefani.
Il direttore dell’area Programmazione e sviluppo strategico di Palazzo Balbi, Maurizio Gasparin, uomo-macchina dietro l’anno di trattative serrate con Roma, ha ripercorso, ieri, ciò che è stato e cosa succederà ora. Dopo il referendum del 22 ottobre 2017, il disegno di legge statale di iniziativa regionale varato a tambur battente dal Veneto e la pre-intesa firmata con il precedente governo, si è ricominciato il 12 giugno con la riapertura ufficiale della trattative. Esattamente un mese dopo, il 12 luglio, Zaia inviava a Stefani una nota ufficiale con la proposta di un disegno di legge delega di iniziativa governativa per l’attuazione dell’ormai celebre articolo 116 comma terzo della Costituzione. Proposta discussa vis-àvis dalla delegazione veneta guidata dallo stesso Zaia e la delegazione governativa con il ministro Stefani. Con zelo tutto nordestino - sottolineano Zaia e Stefani - e buona pace del torpore agostano, si sono riattivati subito dopo i tavoli tecnici fra Veneto e singoli ministeri su sei materie che ripropongono solo in parte le iniziali cinque, oggetto della trattativa con il Governo Gentiloni. Vale a dire ambiente, istruzione, lavoro, salute, alimentazione e protezione civile. E sulla base dei risultati dei tavoli tecnici, Stefani ha presentato a inizio ottobre una bozza di intesa per il Veneto al premier Conte. Una volta firmata l’intesa , si procederà all’istituzione di una commissione paritetica Stato-regione con il Mef, il ministero dell’economia e delle Finanze a fare la parte del leone. Commissione che avrà, fra le sue competenze l’aspetto più delicato dell’intera partita: la quantificazione delle risorse che, ha ribadito ieri Stefani, dovranno essere trattenute sul territorio e non «restituite» in un secondo momento. E se l’iva, ha spiegato sempre il ministro, pare una strada in salita anche per le oscillazioni cicliche che la caratterizzano, pare che tutto si giocherà sull’irpef. Presumibilmente, a intesa firmata così com’è, quindi, con tutte e 23 le materie, appare plausibile che al tavolo della Commissione si siederanno i rappresentanti di tutti i ministeri coinvolti. Uno snodo, quindi, da un lato squisitamente tecnico ma cruciale dall’altro. Solo a lavori conclusi si dovrà procedere alla stesura di una legge ordinaria. È ormai tramontata l’ipotesi di una legge delega che demandasse a successivi decreti attuativi i contenuti materia per materia. Il ministro Stefani ha spiegato, invece, come la legge consentirà una sorta di «cristallizzazione» dei contenuti dell’autonomia e che dovrà essere votata a maggioranza assoluta dai due rami del Parlamento. Una blindatura, quindi, in cui la parte di verifica e flessibilità è affidata proprio all’intesa Stato-regione. Quest’ultima, infatti, avrà una durata di dieci anni fermo restando che, di comune accordo, sarà possibile modificarla in qualunque momento e che dopo 8 anni si potrà avviare un processo congiunto di verifica dei risultati raggiunti per procedere al rinnovo, all’eventuale rinegoziazione fina all’ipotesi estrema di cessazione. E nell’intesa, infatti, si parla anche del criterio cardine per le risorse: si parte dalla spesa storica per arrivare, progressivamente, nell’arco di un periodo fra uno e cinque anni, ai costi standard da contemperare, ovviamente anche con il principio di solidarietà.