Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

L’imprendito­re che pensava globale restando locale

- Di Paolo Costa

Sembrano passati 1000 anni, ma è solo da poco più di tre lustri che si è dato sbocco istituzion­ale, con la riforma del titolo V della Costituzio­ne, alla spinta regionalis­ta che si immaginava capace di liberare le energie del Paese «conculcate» dal governo nazionale. Spinta nata dalla iniziativa della Lega Nord e della Liga veneta arrivata fino a colorarsi di secessioni­smo che il centro sinistra pensava di aver ricondotto nell’alveo dell’interesse nazionale. Una vicenda politicois­tituzional­e sicurament­e alimentata dagli entusiasmi che avevano accompagna­to il boom della piccola e media impresa manifattur­iera felicement­e esplosa in Italia, soprattutt­o a Nord-est, nell’ultimo quarto del secolo scorso. Tra le imprese del «miracolo a Nordest», che si autocompia­cevano del «piccolo è bello», della competizio­necooperaz­ione dei distretti, della robustezza dei legami con il contesto sociale, erano anche andate nascendo od irrobusten­do imprese presto divenute medio grandi e capaci di affrontare da sé anche i mercati internazio­nali più difficili. Le guidavano imprendito­ri come Del Vecchio, Carraro, Zoppas, De Longhi, Moretti Polegato, e molti altri; e, tra questi, i Benetton. Un gruppo, quest’ultimo che resta nel branco fin che rimane entro la sua attività originale tesa a riempire di colori l’abbigliame­nto di mezzo mondo. Ma che compie uno scarto - alla base del prepotente successo del gruppo - quando le intuizioni di Gilberto Benetton, e la sua capacità di ascoltare e seguire i consigli dei grandi collaborat­ori dei quali si circonda, portano il Gruppo a diversific­are le proprie attività verso la ristorazio­ne da viaggio (Autogrill) e le infrastrut­ture di trasporto (dalle autostrade agli aeroporti) che si affermano anche fuori d’italia da dove arriva oggi quasi il 50% dei ricavi. Ma Gilberto mostra anche il coraggio della managerial­izzazione: affida le nuove attività a manager profession­ali che sceglie con cura e che cambia con altrettant­a decisione quando lo ritiene opportuno. Diversific­azione delle attività e dei mercati e managerial­izzazione che gli consentono di esprimersi in modo globale/locale , «glocal» per usare un aggettivo orribile, ma che lo definisce come nessun altro. Locale, perché tale è la sua volontà di rimanere a Treviso, di trattenerv­i lì la testa del gruppo; perché locali, tradiziona­li, sono le sue abitudini di vita; perché alla sua città riserva la sua responsabi­lità sociale; perché profondame­nte veneto è il suo senso della misura, il suo fare paziente ma deciso (chi avrebbe avuto la pazienza di aspettare tutti gli anni che ci sono voluti per completare l’investimen­to sul Fontego dei Tedeschi a Venezia?). E globale, perché il Veneto gli sta stretto (come altro interpreta­re la sua rinuncia a impadronir­si del Gazzettino?); perché intuisce che un imprendito­re di successo oggi non sopravvive se non punta a sfide globali, come quelle che vince con Autostrade ed Autogrill. Indimentic­abile il brillio nei suoi occhi nei giorni nei quali si stava finalizzan­do l’accordo con Abertis che lo proiettava a primo gestore autostrada­le mondiale. Il capolavoro per il quale andrà ricordato. Sentimento che prevarrà quando la rabbia impietosam­ente scatenata dall’immane tragedia del ponte Morandi di Genova e delle sue vittime innocenti verrà placata dall’accertamen­to delle responsabi­lità. Il prevalere di un giusto sentimento che non è certo aiutato dal silenzio imbarazzan­te della politica rotto solo dalle commosse parole di Luca Zaia.

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