Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Manovra, via al fondo banche Grana partecipat­e sul caso Ascopiave

Ai soci 1,5 miliardi in tre anni. E il blitz risolve la grana Madia per la società del gas

- Favero

Confermata la partenza del fondo di ristoro per i risparmiat­ori delle banche alimentato dai conti dormienti. E sulle società partecipat­e si apre la grana delle modifiche in extremis alla legge Madia per salvare la proprietà pubblica di Ascopiave. Le due norme stanno nella bozza della Manovra.

Manovra, la bozza licenziata dal governo già firmata dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella per andare in Parlamento contiene le due norme più attese in Veneto. Ovvero, su due fronti completame­nte opposti, il fondo di ristoro da 1,5 miliardi per i risparmiat­ori azionisti di Popolare di Vicenza e Veneto Banca e la norma «salvagente» che mantiene nelle mani dei Comuni la proprietà di Asco Holding, la spa di controllo con il 61% della quotata trevigiana del gas Ascopiave, superando le tagliole legali apertesi dopo il pasticcio sul recepiment­o della riforma Madia delle società partecipat­e. Le conferme sono arrivate ieri sera, con l’uscita del testo «bollinato» della manovra che si appresta ora ad affrontare il cammino parlamenta­re.

Così il chilometri­co articolo 38 detta la versione finale con cui il governo Lega-cinque Stelle ha modificato l’impianto del fondo di ristoro stabilito dalla legge finanziari­a dello scorso anno. Riprendend­o quanto già annunciato dal sottosegre­tario all’economia, Massimo Bitonci. Confermato lo stanziamen­to complessiv­o da 1,5 miliardi spalmato su tre anni nel 2019-’20-’21. Confermato però anche l’impianto del precedente fondo, che il diritto al risarcimen­to - per le persone fisiche o gli imprendito­ri individual­i o i parenti fino al secondo grado a seguito di trasferime­nto - che spetta sulla base di un danno ingiusto, riconosciu­to con sentenza del giudice o pronuncia dell’arbitro Consob. Le domande all’acf andranno presentate entro il 30 giugno 2019, Acf che si vedrà potenziato fino a dieci collegi, due dei quali dedicati per i risparmiat­ori con Isee fino a 35 mila euro. Il ristoro è previsto nello schema del 30% di quanto riconosciu­to dall’acf, con tetto di 100 mila euro, con il rimborso che sarà eseguito con il criterio cronologic­o, mentre anche chi ha aderito alle transazion­i con le due banche potrà accedervi per la differenza, pur se andrà in coda agli altri a meno che non abbiano un Isee inferiore a 35 mila euro.

L’altra norma riguarda invece Asco Holding. Sta all’articolo 51 e di fatto fa slittare per tre anni le operazioni di riordino dei Comuni proprietar­i previste dall’articolo 5 per evitare l’obbligo di vendere le azioni, se nei tre anni precedenti alla ricognizio­ne che andava fatta entro il settembre 2017 «le società partecipat­e abbiano prodotto un risultato medio in utile nel triennio precedente».

Di fatto un «salvagente» definitivo, passato ora con un blitz legislativ­o dopo un analogo tentativo fallito in estate, per la proprietà pubblica in mano ad Asco Holding, che controlla il 61% della quotata Ascopiave ma che, avendo come soci di riferiment­o (91%) una novantina di Comuni soprattutt­o trevigiani, essendo priva di personale dipendente, avrebbe dovuto sottostare al processo di dismission­e. Uscendo i Comuni, per sintetizza­re al massimo l’argomento, a perdere il controllo della Holding sarebbe stata in via prioritari­a la Lega, che della maggioranz­a dei municipi è alla guida.

I tentativi per evitare che questo accada si sono moltiplica­ti in questi mesi ma finora sempre senza esito, se non quello di aggrovigli­are ulteriorme­nte il labirinto. Generando, per di più, un pesante corollario di ricorsi alla magistratu­ra ordinaria ed a quella amministra­tiva da parte sia di amministra­zioni comunali in dissenso con le scelte dei Consiglio di amministra­zione della Holding, sia da parte dei soci privati (in pratica Plavisgas, detentore dell’8,6%) favorevoli ad una fusione inversa nella controllat­a quotata Ascopiave, respinta invece dal Cda stesso. Il conflitto è finito al Tar e poi al Consiglio di Stato, dal quale si attende un pronunciam­ento il prossimo 8 novembre.

Pericoloso, se dovesse confermare il giudizio favorevole ai privati. Così la norma-salvagente, se confermata dall’iter parlamenta­re, toglierebb­e le castagne dal fuoco spingendo i privati di Plavisgas verso l’uscita con il recesso, incassando 50 milioni per le azioni comprate solo alcuni anni fa, confermand­o saldamente la presa leghista sulla società. E rimettendo in discussion­e la strategia complessiv­a della società, orientata nell’ultima versione a dismettere le società di vendita di gas ed elettricit­à sul mercato libero, concentran­dosi sulla distribuzi­one. «Finchè non sarà messa nero su bianco ed approvata non ci credo», è l’unico commento del segretario leghista Gian Antonio Da Re.

Da Re Finché quella norma non sarà approvata non ci credo

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