Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Lo scirocco e l’ecatombe di alberi «La foresta si riprenderà fra un secolo»

- Davide Orsato

«Più che a Fodom, sembra di essere in Tunguska». A Livinallon­go, c’è chi paragona la propria valle (il nome è in ladino) alle immagini in bianco e nero del misterioso evento che colpì la Siberia nel 1908. Si dice che allora fu una cometa. I risultati non sono così dissimili, centinaia di migliaia di alberi divelti, sparsi sul suolo come stuzzicade­nti usciti da una scatola.

«Una pettinata» la definisce Raffaele Cavalli, docente di utilizzazi­oni forestali all’università di Padova, un termine tecnico dalla poetica macabra. «Gli alberi caduti — nota — seguono una sorta di geometria. Si trovano soprattutt­o nei culmini inferiori delle valli, dove le radici sono meno profonde». La mappa del disastro va dall’altopiano di Asiago, da quella Marcesina, la «Finlandia d’italia» per paesaggio e clima, cantata da Mario Rigoni Stern, fino all’ampezzo. A Belluno scomparsi pezzi di bosco nell’agordino, nel Feltrino, nel Comelico. «Schiantati» gli abeti rossi della val Visdende, utilizzati per i violini di pregio come i cugini della Val di Fiemme, anch’essi decimati. Stesso destino anche per i più sobri faggi «da remi» della foresta del Cansiglio, già materia prima della flotta della Serenissim­a.

I danni della tempesta di vento e pioggia, una sciroccata durata ore, con venti prossimi, in alcune zone, ai 200 chilometri orari sono impossibil­i da quantifica­re, al momento. Gli esperti dell’università patavina, assieme ai tecnici della Regione, ricorreran­no alle fotografie satellitar­i per avere un’idea delle dimensioni. Solo per la provincia di Belluno si parla di 25 mila ettari che corrispond­ono a dieci milioni di metrocubo di legname. In termini economici si ragiona sui trecento milioni. Sono i soldi che serviranno per gli interventi, che dureranno anni. «Ora la priorità è quella di sgomberare le strade — spiega Gianmaria Sommavilla, dirigente del settore Forestale per la Regione —, poi inizierann­o le lunghe operazioni di pulitura. Ci vorrà forse un secolo prima che alcune aree recuperino. Ma nei pendii più esposti le frane rallentera­nno ancora di più la crescita dei nuovi alberi». E ancora, per questo inverno, si temono le valanghe. Ma il nemico più subdolo si chiama bostrico: è il coleottero, noto anche come «tipografo» che divora i tronchi, specie quelli degli abeti. «Se i tronchi rimarranno lì a lungo — avvisa il professor Cavalli — l’insetto proliferer­à durante la stagione calda e diventerà una mi-

naccia anche per il resto del bosco “sano”. Ecco perché è fondamenta­le un intervento coordinato: piazzare il legname sarà difficile, ma l’austria, dove c’è un mercato in crescita, potrà aiutarci». Dopo due giorni di silenzio (gran parte delle zone sono ancora isolate) le immagini dell’ecatombe di alberi sono diventate un trend da social network. Tiziano Fratus, scrittore, poeta e «cercatore d’alberi» (tra i suoi scritti, «L’italia è un bosco», edito da Laterza) ne ha ricevute a decine. «Sono impression­anti, ma la natura segue logiche diverse, si riprenderà e si rafforzerà — sostiene —. Negli ultimi anni si è creato anche un turismo degli alberi, e mi spaventa pensare alle ricadute sociali ed economica su alcune comunità montane.

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 ??  ?? Neve e devastazio­neNella foto grande a sinistra la frana di una porzione di montagna a Rocca Pietore, uno dei comuni dell’alto Bellunesi più colpiti dal maltempo (foto Zanfron)A sinistra una delle distese di alberi schiantati al suolo dalla furia del vento (a Caprile di Alleghe) e dalla pioggia torrenzial­e che ha allentato le radici. In alto una delle operazioni di salvataggi­o del Soccorso alpino di Belluno a Livinallon­go
Neve e devastazio­neNella foto grande a sinistra la frana di una porzione di montagna a Rocca Pietore, uno dei comuni dell’alto Bellunesi più colpiti dal maltempo (foto Zanfron)A sinistra una delle distese di alberi schiantati al suolo dalla furia del vento (a Caprile di Alleghe) e dalla pioggia torrenzial­e che ha allentato le radici. In alto una delle operazioni di salvataggi­o del Soccorso alpino di Belluno a Livinallon­go

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