Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Gli acquedotti, le opere da fare e quelle già rifatte
La troppa acqua che toglie l’acqua. Detta così sembra un controsenso, in realtà è la situazione con cui ha dovuto convivere per un bel po’ di giorni parte della popolazione del Bellunese, la zona del Veneto maggiormente colpita dalla «grande tempesta» che ha piegato la regione all’inizio della scorsa settimana. L’acqua caduta ha cancellato acquedotti, ha «sporcato» le condotte, ha scoperto le tubature. «Danni per un milione di euro», assicura Giuseppe Vignato, amministratore unico di Bim Gsp (Gestione servizi pubblici), la società che si occupa del servizio idrico sul territorio bellunese. Vignato fotografa così la situazione: «Domani dovrebbero iniziare, tempo permettendo, i lavori per il nuovo acquedotto di Rocca Pietore, la zona più colpita con la struttura che praticamente non esiste più. Cinque le imprese impegnate, l’obiettivo è terminare il nuovo acquedotto entro Natale. È un’opera strutturale, costerà 600 mila euro, dovrà durare almeno 50 anni e rispetto a quello che è stato spazzato via dalla grande tempesta si troverà nella parte superiore della strada».
Rocca Pietore è l’unico comune dove ancora si è in emergenza. Circa 700 persone non hanno ancora l’acqua nelle case e devono servirsi dalle autobotti. Funziona così: l’acqua viene prelevata dal torrente Pettorina e grazie a due depotabilizzatori forniti da Hera/acegas viene resa potabile. «Fra una decina di giorni spiega Vignato - non ci sarà più bisogno dell’approvvigionamento tramite taniche perché l’acqua tornerà a scendere dai rubinetti delle case». Se 600 mila euro saranno destinati al nuovo acquedotto di Rocca Pietore, gli altri 400 mila euro serviranno per coprire le spese per i lavori di pulizia da ghiaia e fango delle condotte e la riparazione ( o il cambio) delle tubature scoperte. «Sono problematiche che hanno colpito - riprende Vignato - la Val Canzoi, il secondo acquedotto della provincia bellunese che serve il Feltrino, la zona di Pieve di Cadore e la Val Frison, per citare le più significative». Per l’usl 1 l’acqua è potabile nei Comuni di Belluno, Lorenzago, Ponte nelle Alpi, Vigo di Cadore, Soverzene, Lozzo, La Valle Agordina, Sospirolo, Sedico, Limana, Trichiana, Mel, Lentiai, Querovas.
Chi pagherà? Vignato non ha dubbi: «I soldi ci verranno dati dalla Protezione Civile. Ci ha già scritto la Regione Veneto chiedendoci di rendicontare il tutto. Poi ci sarà il passaggio in Consiglio dei ministri e il via libera per il finanziamento per l’emergenza».
Caso particolare quello di Livinallongo, Comune che ha deciso di intervenire «in house» per sistemare i suoi acquedotti messi fuori uso dalla «grande tempesta». «Ho chiamato Vignato - racconta con orgoglio il sindaco Leandro Grones - e gli ho chiesto se potevo procedere con i miei mezzi. Lui mi ha dato l’ok e siamo partiti. Martedì scorso abbiamo liberato i nostri 60 km di strade comunali, mercoledì ci siamo dedicati ai tetti scoperchiati e giovedì abbiamo sistemato gli acquedotti, uno dei quali serviva
solo una persona. Le squadre al lavoro? Dipendenti comunali, volontari e, naturalmente, un idraulico. Tutti gratis, perché qui sappiamo che i soldi che arriveranno dovranno servire a chi sta peggio di noi, ad esempio gli amici di Rocca Pietore». La gente di montagna è così: prima guarda al prossimo, poi pensa a se stessa. «È vero - afferma Roberto Padrin, presidente della Provincia di Belluno e mi lasci dire che sono orgoglioso di rappresentare queste persone. La questione della mancanza dell’acqua, assieme all’energie elettrica e alla copertura telefonica, ci ha messo a dura prova. Da qui si deve ripartire per evitare che in futuro si ripresentino situazioni
simili che, per quanto eccezionali, abbiamo il
dovere di provare a contenere. Penso ad esempio a norme più rigide sulla pulizia degli alvei dei torrenti, perché gli alberi caduti e il fango ora rischiano di causare altre piene se non verranno tolti nel minor tempo possibile». Guarda avanti il presidente della Provincia, invitando tutte le istituzioni, dal governo in giù, a lavorare per assicurare alla montagna un futuro che non deve prescindere da quella
sicurezza ambientale che finora è stata sempre affrontata in maniera marginale. «Quello che è accaduto mi ha fatto riflettere. Le nostre montagne non saranno più quelle di prima.
Bisogna cambiare l’approccio, prevenire diventa fondamentale».