Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Per le imprese ci sono ancora sei mesi buoni

Rallenta la corsa di produzione ed export. E il credito resta ancora al palo

- Nicoletti

L’economia del Veneto rallenta. Ma le imprese vedono ancora sei mesi buoni davanti, sfruttando l’ultimo refolo di vento di ripresa degli ultimi anni. Lo dice la ricerca Bankitalia.

L’economia del Veneto rallenta. Ma le imprese vedono ancora sei mesi buoni davanti. La crescita continua a tutto l’autunno. Anche se i ritmi del 2018 non sono quelli di un anno fa, soprattutt­o per i mercati esteri in difficoltà: Turchia, Russia, America Latina e Asia - Cina e India escluse -, visto che invece verso i Paesi Ue, specie Francia, Germania e Spagna, il ritmo di crescita è di poco inferiore a un anno fa, con valori per 19,4 miliardi nel primo semestre. E intanto il credito alle imprese continua a ristagnare.

Un Veneto sospeso tra lo sfruttare l’ultimo refolo buono del vento della ripresa degli ultimi anni, da cui si attende di esser spinto fino a marzo, e il capire cosa succederà dopo. A vederlo così è la Banca d’italia, nella ricerca sull’economia regionale con i dati aggiornati a ottobre. Nella ricerca elaborata dal team di Venezia i toni non sono tranchant come nella ricerca d’inizio settimana che dava il quadro d’insieme delle economie regionali per macroaree: stimava nei primi due trimestri 2018 una crescita del Pil arrestatos­i a Nordest, dopo 5 anni a ritmi più sostenuti che nel resto d’italia. «In Veneto parliamo sempre di crescita, pur se a livelli inferiori rispetto al 2017», ha spiegato il direttore della sede regionale di Bankitalia, Paolo Ciucci.

I segnali di un treno che sta rallentand­o la corsa si colgono su vari fronti. Dalla produzione industrial­e, nel primo semestre cresciuta in Veneto del 3,6% rispetto al 4,1% di un anno fa, agli ordini esteri, fondamenta­li per il Veneto, +4,8% nel primo semestre rispetto al +5,9% di un anno fa. L’export vale in sei mesi 31,6 miliardi di euro, +3,3%; un anno fa la crescita era del 5,1%. Anche la prospettiv­a sull’estero a 6 mesi resta positiva; ma il saldo delle imprese che vedono «rosa» scende al 33% rispetto al 40% di un anno fa. «Non pesano tanto i timori di protezioni­smo, quanto un quadro d’incertezza sul commercio mondiale», sostiene il coordinato­re della ricerca, Paolo Chiades.

In questo clima, la voce ancora una volta al palo resta il credito alle imprese. Mentre mutui-casa e credito al consumo spingono i prestiti alle famiglie, +2,9% nel primo semestre, con uno stock di prestiti per 45,9 miliardi, altrettant­o non è per le imprese. Lo stock in sei mesi, tra dicembre 2017 e giugno 2018, diminuisce di altri 2 miliardi, scendendo a 79,9. Conto che pagano soprattutt­o le piccole imprese, -1,6% ad agosto, a fronte di un aumento dello 0,5% per le grandi. E che continuano a pagare tassi quasi doppi rispetto alle medio-grandi sul breve termine: 6,21% in media a giugno contro il 3,36%. «Le banche restano prudenti sui clienti più rischiosi per rating, spread e garanzie», aggiunge Chiades.

D’altra parte, oltre a una questione di offerta, il credito al palo ha una spiegazion­e complement­are sulla domanda. «Il 77% delle imprese prevede di chiudere il 2018 in utile: è tra i livelli più alti degli ultimi dieci anni. Ciò ha favorito la liquidità delle imprese», aggiunge Chiades. Come a dire che quelle uscite dalla crisi sono le più solide, capitalizz­ate e liquide. Aziende capaci spesso di autofinanz­iarsi nel capitale circolante. Non a caso i depositi delle imprese a giugno superano i 37 miliardi, +20%. Abbastanza, magari, per fare spesso da sole.

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Team Il direttore Ciucci, al centro, con il vice Massimo Gallo (a destra) e Paolo Chiades

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