Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Missione degli industriali in India. «Ora sinergie su ricerca e innovazione»
Pedrollo e Finocchiaro con il premier Conte
Solo quattrocento imprese italiane, su 150 mila, hanno una propria sede in India. Se in un triennio si potesse arrivare a 500 ed a sottoscrivere almeno una decina di progetti con partner locali sarebbe già un ottimo traguardo. È il senso della sollecitazione avanzata dal vicepresidente nazionale di Confindustria, il veronese Giulio Pedrollo, nel corso della recente missione durata due giorni, assieme al presidente del Consiglio dei ministri, Giuseppe Conte e ad altri imprenditori ed esponenti di associazioni di categoria, a cominciare dal delegato di Confindustria per la ricerca e l’innovazione, Daniele Finocchiaro. Fra gli interlocutori indiani del vertice c’erano il primo ministro, Narendra Modi, ed altri rappresentanti del mondo istituzionale ed imprenditoriale. Si tratta di un Technology Summit che l’india conduce ogni anno con un paese partner diverso e che in questa tornata riguardava l’italia. «L’india è un Paese scontento quando il suo Pil cresce meno del 7% - sottolinea Pedrollo – e che dunque occorre assolutamente agganciare. L’india ha una popolazione di 1,3 miliardi di persone ma la presenza italiana è minima. Credo che l’imprenditoria di casa nostra si stia perdendo un bel po’ di opportunità». E i campi in cui un dialogo fra il nostro Paese ed il subcontinente sono senz’altro possibili, e con altrettanta certezza promettenti, spaziano negli ambiti in cui si stanno svolgendo le più grandi competizioni globali. Telecomunicazioni, Ict, aerospazio, farmaceutica, salute, ambiente, energie rinnovabili, agricoltura. «All’inizio il nostro governo mi sembrava un po’ troppo sbilanciato sulla Cina, pareva che ogni attenzione per possibili rapporti dovesse per forza ricadere sull’estremità orientale dell’asia. Invece devo riconoscere che c’è una consapevolezza di quanto possano essere importanti per la nostra economia collaborazioni su scenari diversi. Un governo che vuole presenziare direttamente con il proprio presidente ad un summit tecnologico come quello al quale abbiamo partecipato restituisce un segnale di grande concretezza».
Le tematiche affrontate hanno dunque un valore molto strategico. I sistemi di telefonia e traffico dati su reti 5G, ad esempio, si nutrono della avanzatissima piattaforma di ingegneri che escono dalle università indiane, e lo stesso vale per tutto quanto riguardi la sicurezza informatica. «Argomenti strettamente correlati anche con l’altro nostro grande filone della Internet of Things e di quello che abbiamo raggruppato nei programmi di Industria 4.0».
C’è poi il grande capitolo della sanità e della farmaceutica. «Il primo ministro indiano – spiega ancora Pedrollo – è molto interessato a sinergie in questo comparto dato il suo ambizioso programma di allargamento dell’accesso al servizio sanitario pubblico. E noi a riguardo abbiamo un’esperienza di 50 anni. E in questo ben si innestano collaborazioni in tema di sostenibilità ambientale e di energie rinnovabili. Dal punto di vista squisitamente operativo, aggiunge Daniele Finocchiaro, delegato di Confindustria per la ricerca e l’innovazione e presidente dell’università di Trento, i confronti si sono concretizzati con raccomandazioni consegnate ai primi ministri di entrambi i Paesi sulle quali articolare programmi di sinergie per ciascuno degli ambiti affrontati. «L’auspicio è che la presenza del manifatturiero italiano in India possa arrivare a rispecchiare il vero peso che ci viene riconosciuto nel mondo in termini industriali. Il limite lamentato fino ad oggi dalle poche imprese che si sono installate in India è stato quello di un accompagnamento troppo scarso da parte del sistema paese, ora forse abbiamo cambiato marcia. L’area è contraddistinta da una crescita economica magari meno impetuosa di quelle di altre parti dell’asia ma più regolare e stabile anche se, purtroppo, non favorita da una pesantezza burocratica molto più accentuata di quella italiana. La certezza di norme e di tempi non c’è , e questo conduce a distorsioni che ben conosciamo».