Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
«Su Pasta Zara riconosco gli errori Troppi investimenti e valutazioni errate»
«Tutti manterranno il posto di lavoro, l’italianità del prodotto sarà conservata, i creditori avranno soddisfazione e Muggia andrà a chi saprà valorizzarlo». Parole di Furio Bragagnolo, presidente di Pasta Zara, all’indomani della firma di un’ipotesi d’intesa con i sindacati e della ufficializzazione della proposta in esclusiva di Barilla per l’acquisto del polo triestino. Formula messa a punto dall’advisor Deloitte e dallo studio legale Chiomenti che pare riuscire a far quadrare un po’ tutto. Il marchio Pasta Zara continuerà a esser prodotto a Riese Pio X e Rovato (Brescia), i 120 milioni che Barilla verserà alla società trevigiana ripianeranno la metà delle esposizioni, rendendo possibile una copertura soddisfacente del resto con i profitti dei prossimi cinque anni. Non sarà necessario l’intervento di altri investitori e, questione non marginale, azienda ed etichetta rimarranno in capo alla famiglia fondatrice.
Tutto ciò al netto delle approvazioni del piano da parte del Tribunale di Treviso, che si pronuncerà il 7 dicembre, e dei creditori, che dovranno poi votare il concordato. Oltre che del via libera delle maestranze. I dipendenti dei tre stabilimenti si esprimeranno in altrettante assemblee, da qui a domani, anche perché a Riese e Rovato sono chiesti sacrifici. Nessuno sarà licenziato ma per 5 anni occorrerà rinunciare al premio di risultato. E a Riese si comincerà a lavorare a ciclo continuo, cioè a turno anche sabato e domenica senza le indennità finora previste. Negli accordi con Barilla, infine, c’è un patto di collaborazione con cui Muggia continuerà a produrre per Pasta Zara, sia pure con volumi decrescenti. Presidente, luce in fondo al tunnel?
«La strada è stata percorsa per tre quarti, ora bisogna completarla. Personalmente considero un risultato centrale aver conservato l’italianità della pasta».
C’erano rischi che qualche operatore internazionale si precipitasse a far shopping?
«Offerte di pastifici stranieri ne sono arrivate parecchie».
In questi mesi fra i lavoratori non è mancata la preoccupazione. E l’irritazione per informazioni che non arrivavano.
«Li capisco. Ma se non abbiamo detto nulla è perché, nella delicatezza dei negoziati, non eravamo nelle condizioni di pronunciare una sola sillaba. Ma mi sono recato in azienda anche oggi: i rapporti personali non sono mai stati a rischio. Aspettiamo il voto in assemblea; ma sono convinto che comprenderanno lo sforzo che chiediamo».
Nell’analizzare le cause della crisi di pasta Zara spesso si è detto di investimenti troppo pesanti. Pensa di aver fatto passi più lunghi della gamba?
«Riconosco gli errori. È vero, abbiamo investito troppo valutando male il mercato». Parliamo di Muggia?
«Inutile cercare il colpevole. Però una mia soddisfazione è di aver consegnato l’impianto a chi, finalmente, saprà utilizzarlo nella misura per cui era stato progettato e costruito».
E l’azzeramento delle azioni è stato davvero determinante per il collasso?
«Diciamo che ha dato la spallata finale. Anche se, onestamente, difficile dire se, senza, avremmo evitato il dissesto».