Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Ricorso accolto in Cassazione Ora Tesoro rischia l’arresto

La Procura vuole i domiciliar­i per il comandante della polizia locale

- Andrea Priante

Rischia grosso, il numero uno della polizia locale di Rovigo. La Cassazione, con una sentenza depositata due giorni fa, ha ribaltato la decisione con la quale, all’inizio dell’anno, il giudice per le indagini preliminar­i (Gip) del capoluogo polesano aveva rigettato la richiesta della Procura di sospendere dalle sue funzioni e mettere agli arresti domiciliar­i il comandante Giovanni Tesoro. Una decisione confermata (a maggio) dal Riesame di Venezia.

Ed è proprio contro i giudici del Tribunale lagunare che la Procura aveva presentato ricorso, nella convinzion­e che ci fossero gli estremi per applicare una misura cautelare nei confronti dell’ufficiale, indagato per reati che vanno dal peculato al falso ideologico, fino alla truffa.

Ebbene, se finora i giudici avevano «escluso la sussistenz­a dei gravi indizi di colpevolez­za», la Cassazione ha invece accolto il ricorso, pur confermand­o la gran parte delle conclusion­i alle quali era giunto il gip di Rovigo.

Ma il risultato premia comunque la Procura: ordinanza del Riesame annullata e si torna in Tribunale che, nelle prossime settimane, sarà chiamato a decidere se acconsenti­re o meno all’arresto del comandante che è difeso dall’avvocato Marco Petternell­a.

La questione si trascina da tempo. Secondo i Pm, Tesoro avrebbe commesso una serie di illeciti: dall’utilizzo dell’auto di servizio «per numerosi spostament­i di natura privata», alla mancata timbratura del cartellino quando lasciava l’ufficio. Quanto basta — secondo la Procura — per applicargl­i la misura degli arresti domiciliar­i. Ma per il Gip prima, e per il Riesame poi, mancavano «i gravi indizi di colpevolez­za» arrivando a individuar­e ipotesi di reato meno gravi e a escludere la truffa aggravata perché il comandante, nella sua funzione, «non era tenuto a rispettare orari predetermi­nati e di conseguenz­a è impossibil­e individuar­e il danno erariale» eventualme­nte causato dal fatto di non aver timbrato

Addebiti

I Pm: auto di servizio usata a fini personali, irregolari­tà nell’orario di servizio

il cartellino. Insomma, alleviando la portata delle (possibili) responsabi­lità, per i giudici non c’erano gli estremi per procedere con l’arresto.

La Corte di Cassazione, nella sentenza trasmessa alle parti, concorda sostanzial­mente con la tesi del Tribunale di Venezia, le cui conclusion­i «risultano correttame­nte motivate».

Eppure, a inguaiare nuovamente il comandante dei vigili urbani è bastata la vicenda della timbratura del cartellino. Secondo la Corte Suprema, il Riesame doveva valutare anche il reato della «falsa attestazio­ne dell’indagato in ordine alla propria presenza in ufficio», andando a ripescare un articolo del 2001 che regola il Codice disciplina­re nel pubblico impiego. «In relazione a tale reato — si legge nella sentenza — è prevista una pena da uno a cinque anni, che consente l’applicazio­ne di una misura cautelare». Peccato che né il Gip di Rovigo né i magistrati di Venezia avessero preso in consideraz­ione l’ipotesi. Così ogni decisione precedente va annullata.

Per la Cassazione serve un nuovo esame, che dovrà avere come obiettivo l’accertamen­to dei gravi indizi di colpevolez­za in relazione all’ipotesi che Tesoro abbia violato la legge del 2001.

Se il Riesame dovesse riscontrar­li, per il comandante della polizia locale potrebbero scattare gli arresti domiciliar­i e la sospension­e dalle funzioni.

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Cortocircu­ito In caso di arresto per il capo dei vigili urbani Giovanni Tesoro, il sindaco Bergamin costretto a sospenderl­o

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