Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Ricorso accolto in Cassazione Ora Tesoro rischia l’arresto
La Procura vuole i domiciliari per il comandante della polizia locale
Rischia grosso, il numero uno della polizia locale di Rovigo. La Cassazione, con una sentenza depositata due giorni fa, ha ribaltato la decisione con la quale, all’inizio dell’anno, il giudice per le indagini preliminari (Gip) del capoluogo polesano aveva rigettato la richiesta della Procura di sospendere dalle sue funzioni e mettere agli arresti domiciliari il comandante Giovanni Tesoro. Una decisione confermata (a maggio) dal Riesame di Venezia.
Ed è proprio contro i giudici del Tribunale lagunare che la Procura aveva presentato ricorso, nella convinzione che ci fossero gli estremi per applicare una misura cautelare nei confronti dell’ufficiale, indagato per reati che vanno dal peculato al falso ideologico, fino alla truffa.
Ebbene, se finora i giudici avevano «escluso la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza», la Cassazione ha invece accolto il ricorso, pur confermando la gran parte delle conclusioni alle quali era giunto il gip di Rovigo.
Ma il risultato premia comunque la Procura: ordinanza del Riesame annullata e si torna in Tribunale che, nelle prossime settimane, sarà chiamato a decidere se acconsentire o meno all’arresto del comandante che è difeso dall’avvocato Marco Petternella.
La questione si trascina da tempo. Secondo i Pm, Tesoro avrebbe commesso una serie di illeciti: dall’utilizzo dell’auto di servizio «per numerosi spostamenti di natura privata», alla mancata timbratura del cartellino quando lasciava l’ufficio. Quanto basta — secondo la Procura — per applicargli la misura degli arresti domiciliari. Ma per il Gip prima, e per il Riesame poi, mancavano «i gravi indizi di colpevolezza» arrivando a individuare ipotesi di reato meno gravi e a escludere la truffa aggravata perché il comandante, nella sua funzione, «non era tenuto a rispettare orari predeterminati e di conseguenza è impossibile individuare il danno erariale» eventualmente causato dal fatto di non aver timbrato
Addebiti
I Pm: auto di servizio usata a fini personali, irregolarità nell’orario di servizio
il cartellino. Insomma, alleviando la portata delle (possibili) responsabilità, per i giudici non c’erano gli estremi per procedere con l’arresto.
La Corte di Cassazione, nella sentenza trasmessa alle parti, concorda sostanzialmente con la tesi del Tribunale di Venezia, le cui conclusioni «risultano correttamente motivate».
Eppure, a inguaiare nuovamente il comandante dei vigili urbani è bastata la vicenda della timbratura del cartellino. Secondo la Corte Suprema, il Riesame doveva valutare anche il reato della «falsa attestazione dell’indagato in ordine alla propria presenza in ufficio», andando a ripescare un articolo del 2001 che regola il Codice disciplinare nel pubblico impiego. «In relazione a tale reato — si legge nella sentenza — è prevista una pena da uno a cinque anni, che consente l’applicazione di una misura cautelare». Peccato che né il Gip di Rovigo né i magistrati di Venezia avessero preso in considerazione l’ipotesi. Così ogni decisione precedente va annullata.
Per la Cassazione serve un nuovo esame, che dovrà avere come obiettivo l’accertamento dei gravi indizi di colpevolezza in relazione all’ipotesi che Tesoro abbia violato la legge del 2001.
Se il Riesame dovesse riscontrarli, per il comandante della polizia locale potrebbero scattare gli arresti domiciliari e la sospensione dalle funzioni.