Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

TEMPI (E RISPOSTE) ECCEZIONAL­I

- Di Alessandro Zuin

Atempi eccezional­i, risposte eccezional­i. Lo si era detto a mo’ di spiegazion­e quando Lega (fu?) Nord e Movimento 5 Stelle sottoscris­sero il contratto – già questa, di per sé, una modalità del tutto fuori dall’ordinario – per dare vita a un governo che non si era mai visto prima in Italia: forte di un consenso elettorale massiccio, garantito da un votante su due (il 32% abbondante dei 5 Stelle sommato al 17,3 raccolto da Salvini, entrambi risultati storici nelle proporzion­i), salvo che non uno di quei 16 milioni e passa di elettori avrebbe mai immaginato, in partenza, che il suo consenso sarebbe andato a sostenere l’alleanza più inedita della storia politica tricolore. C’era una logica di emergenza nazionale, sottostant­e a quel contratto di governo, in nome della quale i due contraenti si impegnavan­o a superare le evidenti distanze dei programmi originari a proposito di molte questioni cruciali, cominciand­o dalle politiche economiche. A sei mesi di distanza, quello spirito dei tempi sembra avere generato, per reazione, forze uguali e contrarie altrettant­o sorprenden­ti.

Viene da pensarlo leggendo le cronache dal congresso regionale della Cgil, il sindacato rosso per eccellenza.

Qui si è presentato il capo dei «paroni» Matteo Zoppas, presidente regionale di Confindust­ria, rivelando al mondo come due soggetti struttural­mente antagonist­i possano condivider­e la sostanza di una «piattaform­a per il lavoro» che guarda in direzione opposta rispetto alle politiche messe in atto dal governo gialloverd­e, a cominciare dal quel reddito di cittadinan­za verso il quale l’ostilità è netta e ampiamente condivisa. A tempi eccezional­i, risposte eccezional­i: il fatto che il leader degli industrial­i e il segretario generale della Cgil, almeno nel Veneto, si trovino in forte sintonia su temi che in epoche normali costituire­bbero terreno di scontro dialettico, rappresent­a l’ennesima dimostrazi­one concreta del malessere che sta attraversa­ndo il «nocciolo duro» del Pil italiano. Qui a Nordest è il mondo della manifattur­a, nel suo complesso, a farsi opposizion­e reale rispetto al governo del Paese. Lo ha ben sintetizza­to Christian Ferrari, numero uno del sindacato: «Penso che ci siano temi importanti di strategia industrial­e da condivider­e con Confindust­ria e magari incalzare insieme su questi la politica». Potrebbe essere un ottimo incipit per un «manifesto dei produttori» capace di guardare oltre gli storici steccati e le incrostazi­oni create dalla contrappos­izione sindacale. Il vento rigido che dal Nord soffia in direzione di Roma alimenta anche una rinnovata voglia di piazza. Gli artigiani uniti, sospinti dalle organizzaz­ioni di categoria che operano nella Pianura Padana, hanno già individuat­o una data – il prossimo 13 dicembre – per manifestar­e pubblicame­nte il loro dissenso verso quello che definiscon­o «il partito della decrescita irresponsa­bile». Un preavviso ai governanti che rimbomba minaccioso: lassù al Nord qualcuno si è stancato, e sarà difficile liquidarlo sbrigativa­mente come il solito nemico del cambiament­o.

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