Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

IL COMUNE DESTINO EUROPEO

- Di Paolo Costa

Nello scontro tra governo italiano e commission­e europea — meglio: tra l’italia e gli altri Paesi dell’euro — siamo alla guerra di trincea. Guerre destinate a durare a lungo e caratteriz­zate da scontri cruenti per pochi metri di terreno. Come quelli della prima guerra mondiale, ricordati nei giorni scorsi come espression­i della tragedia nella quale affondano le radici del progetto europeo. Scontri che appaiono oggi dedicati al nulla di una differenza di previsioni sul rapporto deficit/pil e al molto della sottovalut­azione governativ­a del rapporto debito/pil: aumentata dal 4 marzo in poi per la crescita dei tassi di interesse annunciati dall’impennata dello spread —che fa lievitare il numeratore — e il contrarsi del tasso di crescita del PIL —che il denominato­re lo fa diminuire. Risultato drammatica­mente opposto a quello che continua ad essere promesso dal governo per giustifica­re la manovra.

Scontri che, se la moral suasion del Presidente Mattarella non farà il miracolo (e volendo scaramanti­camente escludere l’ipotesi del precipitar­e della crisi finanziari­a) sono destinati a durare almeno fino al 26 maggio 2019, data delle elezioni europee. A da passà a nuttata ..... Solo che per non piombare, al risveglio del 27 maggio, in un incubo peggiore bisogna far di tutto per evitare due pericoli «di metodo» e portare al centro del dibattito pre elettorale « di merito» i temi veri della posta in gioco.

Il primo pericolo è che si usi il dibattito europeo solo strumental­mente per regolare questioni politiche interne. Pericolo elevato, perché il « dagli all’europa » appare sempre più il collante principale della coalizione legastella­ta.

Il secondo pericolo, più grave perché più subdolo e profondo, è che anche le elezioni parlamenta­ri europee cadano vittime delle «minacce ibride», come vengono chiamate eleganteme­nte oggi, le campagne di disinforma­zione e gli attacchi informatic­i che sempre meno segretamen­te puntano ad alimentare la sfiducia nelle istituzion­i gli uni degli altri. Tentativi di destabiliz­zare dall’esterno la democrazia europea vanno messi in conto. Ma, protetto il dibattito elettorale europeo da inquinamen­ti interni ed esterni, occorre che lo stesso si sviluppi nel merito rilevante.

Per coloro, come chi scrive, che sono convinti che non vi sia futuro per l’italia fuori dall’unione Europea, questo significa capire e far capire che, al contrario di quanto affermano i nostalgici del ritorno ai recinti nazionali, quella in crisi oggi è proprio « l’europa degli stati nazionali », quella affetta dal virus sovranista che, sfruttando il cuneo sano del principio di sussidiari­età introdotto dal trattato di Maastricht, è andato svuotando dall’interno il potere e quindi l’efficacia di Commisione e Parlamento: le istituzion­i deputate alla identifica­zione e difesa del «comune interesse europeo ». « Comune interesse europeo » che non basta più motivare ricordando il miracolo dei settanta anni di pace garantiti dall’europa, esaltati nel confronto con le due guerre mondiali dei quarant’anni precedenti. Una giusta retorica, ma che nulla ci dice del futuro, che parla con difficoltà alle nuove generazion­i.

Oggi il «comune interesse europeo» sta nel fatto che solo l’unione Europea può garantirci pace, prosperità e identità in un mondo inevitabil­mente destabiliz­zato dallo scontro Usa-cina per il predominio mondiale, nel quale ogni altra «potenza» nazionale non può che fare la fine dei vasi di coccio. Uno scenario nel quale il gramo destino di economie esportatri­ci come quelle del Triveneto e dell’emilia Romagna è facilmente prevedibil­e. Come garantire invece il raggiungim­ento degli obiettivi comuni è il solo tema che le forze politiche europee dovrebbero affrettars­i a declinare.

Minacce ibride

Ci sono pericolose campagne di disinforma­zione che puntano ad alimentare la sfiducia nelle istituzion­i

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