Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
«Bcc, altre fusioni dopo l’avvio dei nuovi gruppi»
Un respiro di sollievo per la riforma del settore, alla fine non stravolta. E la previsione di nuove fusioni bancarie nel quadro dei nuovi gruppi. È lo stato del credito cooperativo in Veneto emerso ieri a Verona.
Nuove fusioni, dopo VERONA quelle dell’ultimo anno. E una «rivoluzione» a Nordest nell’assetto territoriale che coinvolgerà le banche che hanno aderito al gruppo Iccrea: con una nuova associazione interregionale tra Veneto, Friuli Venezia Giulia ed Emilia Romagna. Cosa accadrà al credito cooperativo veneto ora che si è capito che la riforma voluta dal governo Renzi verrà applicata, con l’eccezione, prevista dall’emendamento correttivo varato in questi giorni dalla commissione Economia e finanza del Senato, degli istituti altoatesini? Il tema è stato affrontato ieri a Verona al Festival della dottrina sociale, organizzato dalla galassia che fa riferimento a Cattolica assicurazioni. Presenti molto delle Bcc venete di area Iccrea, tra cui Banca di Verona (con sede a Ca’ di David), Banca Veronese (di Concamarise) e Cerea Banca. È stata l’occasione per lanciare ipotesi su quanto accadrà alle federazioni regionali (presente il direttore regionale del Veneto, Piero Collaiuto).
La voce più insistente riguarda una riorganizzazione territoriale, almeno per gli istituti aderenti a Iccrea. «Si va verso la costituzione di una decina di macroaree – prevede Paolo Poli, direttore generale della Banca Veronese – una sarà sicuramente a Nordest, con Veneto e Friuli Venezia Giulia e forse l’emilia Romagna». Senza Trentino Alto Adige, visto che le realtà trentine fanno di fatto capo al gruppo alternativo di Cassa Centrale Banca e quelle altoatesine al gruppo locale su scala provinciale permesso dalla riforma. Un privilegio? Per le banche venete cambierà poco. «Alla fine – nota Flavio Piva, presidente di Banca di Verona – viene riconosciuta autonomia a istituti di credito che hanno una storia particolare, si tratta di un buon compromesso».
Per lo stesso Piva, la riforma, una volta digerita potrà portare a nuove fusioni in area veneta: «In ogni caso, l’esistenza di una banca capogruppo (per l’appunto Iccrea, ndr) consentirà anche a realtà più piccole di sopravvivere». Insomma, si tratta di trovare il «giusto mezzo», come sostiene anche, per citare una realtà fuori regione Amedeo Manzo, presidente della Bcc Napoli: «Non perderemo la nostra identità territoriale – afferma –. Anzi, per quanto ci riguarda, adesso che non c’è più il Banco di Napoli, siamo l’unica realtà ad avere il nome della nostra città». Non è un problema – almeno per i presenti nemmeno il contratto di coesione, che le banche dovranno firmare per entrare nei gruppi, vissuto in alcuni casi come una camicia di forza che limiterà fortemente l’autonomia delle Bcc. «Consente anche ai piccoli di avere la forza di un grande gruppo», sostiene Manzo. «È una garanzia per le banche virtuose», gli fa eco Poli, convinto che il Veneto «saprà dire la sua sulla governance di Iccrea: siamo pur sempre la seconda regione dopo la Lombardia per massa di depositi».
Una voce critica però c’è: è quella di Valerio Onida, presidente emerito della Corte Costituzionale. «Con la riforma è innegabile – ha detto nel suo intervento – che si va verso la strada della finanziarizzazione. Con l’obbligo di aderire a un grande gruppo che ha a capo un Spa comanda necessariamente chi ha il capitale. L’articolo 45 della Costituzione riconosce invece che la funzione delle cooperative è differente e ha carattere di mutualità, senza fini di speculazione. Il presupposto di questa riforma è che non c’è spazio, sul mercato, per le piccole banche».
”
Onida
Ma la riforma apre alla finanziarizzazione. Il presupposto è che non c’è spazio per i piccoli istituti