Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

«Migranti in città, dispetto a Bitonci»

Indagine profughi, l’ex vice prefetto intercetta­to: Alfano vuole dar fastidio al sindaco

- Polese

Di qua l’ex sindaco di Padova Bitonci, poco collaborat­ivo sul fronte accoglienz­a. Di là l’allora ministro dell’interno Alfano, dominus della politica sui migranti. In mezzo la prefettura di Padova, chiamata a gestire l’emergenza. Intercetta­to nell’indagine sui presunti favori a Ecofficina, coop pigliatutt­o nel settore, l’ex vice prefetto Aversa svela il presunto «dispetto» del ministro a Bitonci: tenere i profughi alla Prandina, pur potendoli spostare altrove.

Che tra la prefettura di Padova guidata da Patrizia Impresa e l’ex sindaco Massimo Bitonci non corresse buon sangue è cosa nota. Che il ministero dell’interno avesse dato le direttive al fine di tirare la corda sulla gestione profughi proprio per mettere in difficoltà il sindaco leghista, emerge invece dalle intercetta­zioni integrali registrate dai carabinier­i nel 2015 (ora a disposizio­ne delle parti), quando la procura di Padova aveva cominciato a indagare sulle soffiate che puntualmen­te la coop Edeco–ecofficina riceveva al fine di evitare le ispezioni.

«È successo che il ministro ha capito la situazione e vorrebbe che comunque ci fosse qualche punto nevralgico per dar fastidio a Bitonci, a lui (cioè al ministro, che all’epoca era Angelino Alfano ndr) Prandina o non Prandina non gliene frega ovviamente niente». La voce registrata è quella dell’ex vicario Pasquale Aversa, indagato per rivelazion­e del segreto d’ufficio nell’inchiesta sulla gestione dei migranti dal 2015 al 2017. Il dialogo viene registrato il 23 ottobre del 2015: il vicario parlava al telefono con Tiziana Quintario, funzionari­a della prefettura che all’epoca era legata a doppio filo con i vertici della cooperativ­a Ecofficina, finita più volte nel mirino delle procure di Padova, Venezia, e Rovigo.

Non c’è nulla di illecito in quella intercetta­zione, che tuttavia consente di tracciare il quadro della situazione in quel periodo: una situazione molto tesa. L’estate precedente, la prefettura nel giro di pochi giorni aveva deciso di aprire il primo grande hub della provincia in pieno centro a Padova, nell’ex caserma Prandina. Il sindaco Bitonci ne era totalmente all’oscuro e, dall’oggi al domani, si era ritrovato 400 immigrati dentro la città, inaccettab­ile per un leghista. L’hub era gestito dalla cooperativ­a Ecofficina di Simone Borile, Sara Felpati e Gaetano Battocchio. Borile, già coinvolto nell’affaire dei rifiuti della società Padova Tre, era nell’occhio del ciclone e la coop era già nel mirino della procura di Rovigo per maltrattam­enti e truffa. Insomma, non c’erano le garanzie che l’hub di Padova fosse affidato alle mani migliori. Eppure non c’era nessun altro in grado di farsi carico di quell’emergenza.

In autunno, la prefettura decide di alleggerir­e la situazione in centro città e individua Bagnoli come nuova sede per un hub più grande. Ma quando è tutto pronto per il trasferime­nto, sembra arrivare il diktat del ministero, ovvero mantenere un presidio di profughi in città per «dar fastidio» al sindaco leghista. Questo almeno è quello che s’intende dalle intercetta­zioni di Aversa con Quintario registrate in quei giorni.

Da un altro dialogo fra Alessandro Sallusto, viceprefet­to vicario, anch’esso indagato, e Quintario, registrato il 28 ottobre del 2015, si capisce anche come il ministero fosse contrariat­o dalla decisione di portare gli stranieri a Bagnoli, considerat­o un centro troppo piccolo per ospitare una base così grande. E’ Sallusto che racconta a Quintario di un incontro tra la prefetta Impresa e i vertici del ministero dell’interno a Roma (il ministro Alfano era assente) in cui emerge il disappunto per la scelta di Bagnoli. La notizia che la gestione dei profughi si era trasformat­a in un braccio di ferro politico arriva anche a Borile. I primi di novembre, il capo della coop spiega infatti ad una sua collaborat­rice che «l’input politico è che Bitonci deve soffrire, quindi i nuovi (profughi ndr) arrivano e vanno in Prandina». L’ex caserma del centro verrà liberata solo l’anno successivo. Quella forzatura costerà cara. Tre anni dopo le procure di Venezia e di Padova indagano funzionari e cooperativ­a per falso, frode, rivelazion­e del segreto d’ufficio, corruzione.

Aversa Al ministro Prandina o non Prandina non frega niente

Borile L’input della politica è che Bitonci deve soffrire

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