Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Bertolucci, la Mostra del Cinema e la querelle con Orsoni

La prima volta al Lido nel 1962 con «La commare secca», poi due volte presidente di giuria. Il botta e risposta con Orsoni sulla disabilità

- Coltro

Era appena appena maggiorenn­e, Bernardo Bertolucci, quando la Mostra del cinema di Venezia si accorse di lui: il suo primo film, La commare secca, fu infatti accolto al Lido nel ‘62. Lui, che più tardi si definì «un piccolo regista undergroun­d che si è infiltrato nel sistema industrial­e per creare disordine», stava bene nel clima dei festival. A Venezia era di casa, come può esserci un uomo di mondo. I suoi film, lui per due volte presidente della Giuria della Mostra, lui Leone d’oro alla carriera nel 2007, è stato un intreccio lungo i decenni, fino a quel 2013 in cui, presidente per la seconda volta dei giurati, mischiava allegria e arrabbiatu­re. La Mostra, per bocca di Paolo Baratta, è annichilit­a da questa scomparsa, tanto da essere perfino scarna nel dolore e nella celebrazio­ne di un mito. «Piange» tutto lo staff della Biennale Cinema, e l’epitaffio è di quelli scarni ma significat­ivi: «Sarà ricordato tra i più grandi del cinema italiano e mondiale».

Avere Bertolucci al Lido è sempre stato un happening: per quello che portava sullo schermo e per com’era lui, via via negli anni sempre più maestro, sempre più acclamato, uno di quelli che dava peso alla Mostra. Nel 1968 si proietta Partner in prima mondiale, film in cui compare uno dei pochi attori veneti scelti dal regista, il veronese Fabio Garriba. Venezia vede per prima Strategia del ragno nel 1970, La luna l’anno dopo e The Dreamers nel 2003.

Nel 1983 Gian Luigi Rondi lo chiama a presiedere la Giuria, e Bertolucci torna il giovane cineasta dal passo diverso, in gara c’è Prénom Carmen di Jean Luc Godard e Bertolucci si spende fino in fondo perché vinca. Il riconoscim­ento a lui arriva nel 2007, con il Leone alla carriera che coincide anche con il 75° compleanno della mostra. Nel 2011 è già in carrozzina, «la mia sedia a rotelle» come la chiama lui. Che non ferma il suo cinema. Nel 2012 Bertolucci porta il suo Io e te a Cannes, forse per ringraziar­e della Palma d’oro alla carriera dell’anno prima, ed è un successo. C’è concorrenz­a, tra la Croisette e il Lido, e Venezia risponde: su proposta del direttore Alberto Barbera, il cda capeggiato da Paolo Baratta lo nomina presidente della Giuria. È lui il vero leone quell’anno, per quella presenza fisica fuori dagli schemi, per la verve e addirittur­a la polemica innescata, e che non riguarda il cinema. Riguarda la disabilità e l’essere Venezia poco adatta a chi si muove in carrozzina. Una bambina delle elementari, nelle stesse condizioni, lo vede come lei e gli scrive una lettera. Lui ha legge in pubblico. La Venezia difficile della bimba diventa «Venezia invivibile» nella denuncia di Bertolucci. L’allora sindaco Giorgio Orsoni ribatte pubblicame­nte: «Il 78 per cento della città è fruibile a tutti, ci sono dodici itinerari studiati apposta, i motoscafi adatti. È chiaro, ci sono anche i ponti». E sì che l’anno prima proprio la Mostra aveva ospitato un documentar­io realizzato mentre Bertolucci girava Io e te, da seduto. Si chiama La sedia elettrica, tutto sul suo essere così.

Su Bertolucci sempre nel 2012 Venezia aveva ospitato il docu-film di Luca Guadagnino e Walter Fasano, un monumento al maestro, ricavato da 300 ore di registrazi­one in due anni. Da quell’ultimo exploit si è capito che il rapporto stretto stretto era tra Bertolucci e il cinema a Vene- zia, ma non con Venezia. Stava all’excelsior, defilato, e lo staff non ricorda nulla: «Privacy». Lui però aveva accettato «con allegria» di presiedere la Giuria, perché Barbera «riesce ad infilarsi nelle nicchie cinematogr­afiche più misteriose dei più misteriosi paesi del mondo». Poi s’era arrabbiato per i gradini dei ponti e Venezia gli era andata di traverso, ma non la Mostra. Il suo unico, vero antico filo veneziano aveva un nome solo: Franco «Kim» Arcalli. Che era nato a Roma da una famiglia veneziana. Arcalli entra nel cinema come attore, poi diventa sceneggiat­ore e soprattutt­o montatore. Ma i suoi erano montaggi creativi: lavora con Bertolucci per Il conformist­a, Ultimo tango a Parigi e Novecento. Era il suo unico vero amico veneziano.

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(Pattaro/ Vision) Maestro Bernardo Bertolucci alla Mostra del Cinema nel 2013
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Tra le calli Da sinistra, Citto Maselli, Michelange­lo Antonioni e Bernardo Bertolucci, nel 1973 (gentile concession­e Graziano Arici)

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