Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

GLI ANIMALI MIGLIORI DELL’UOMO

- Di Gabriella Imperatori

Fino a pochi giorni fa si amavano, a quanto pare: come un uomo, specie se fa il veterinari­o, può amare un animale, e come un animale può amare un uomo che lo visita di frequente, e lo cura se sta male. Anche se questo animale non è un cane affettuoso né un gattino fusaiolo. Ma un toro e, come tale, cornuto. Capita, a volte, che fra un toro dalle lunate corna e un uomo si stabilisca­no, attraverso gli sguardi, degli «amorosi sensi». L’uomo è colui che nutre l’animale, lo disseta, gli dà affettuose pacche sulla schiena, e il bestione, a istinto, sente di essere amato e ricambia l’affetto. Non si tratta certo, nelle nostre fattorie, di tori tipo quelli da corrida, allenati al fatale incontro con il matador per l’eccitazion­e di un pubblico con la moquette sullo stomaco. Si tratta di tori da monta, che servono per la riproduzio­ne della specie. E che, quando il vitellino nasce, possono provare, sempre per istinto, un affetto in qualche modo paterno nei suoi confronti. Dev’essere stato questo istintivo sentimento a trasformar­e, nel toro «Valentino» del Bellunese, l’affetto per il veterinari­o in paura, rabbia, desiderio di protezione della prole dalle «grinfie» di quell’ex-amico che poteva, nella mente - si fa per dire - dell’animale, essere diventato una minaccia. Cosicché (parlo per ipotesi) quando lo vide addentrars­i nel recinto e avvicinars­i al suo cucciolo, cominciò da bravo toro a veder rosso, a caricare l’uomo ora intruso, a incornarlo più volte, a trascinarl­o per terra fino a togliergli la vita.

Soltanto dopo, un altro veterinari­o, chiamato per l’occasione, riuscì a sedarlo e a ricondurlo - si fa sempre per dire - alla ragione. Ma ormai era troppo tardi e per l’ex-amicouomo non c’era più niente da fare, non restava che ricordarlo e piangerlo, per il suo assurdo destino e perché era un uomo molto amato.

Ormai anche i giorni di Valentino, però, erano agli sgoccioli: esaurito il suo ruolo riprodutti­vo, era già destinato al mattatoio, ma qualcosa di impreciso fa temere che si sia trattato anche di una sorta di condanna a morte per omicidio volontario.

Il delitto, tuttavia, per Valentino era solo una difesa del frutto del proprio sangue.

Così come talvolta avvengono le cariche degli orsi - più di frequente delle orse che temono minacciati i loro figliolett­i.

Istinto di vita (da proteggere) e di morte (da infliggere). Senza cattiveria, senza premeditaz­ione, con una violenza fornita dalla natura.

Così diversa dalla violenza quand’è esercitata dagli umani, che spesso la mettono in atto per interesse, gelosia, vendetta, odio e altri ignobili moti dell’animo. La violenza degli animali, incolpevol­e, solo se davvero pericolosa può deve - essere impedita con l’abbattimen­to. Come quando si tratta di cani aggressivi che hanno dato prova di ferocia azzannando un bambino come fosse una costicina da rosicchiar­e.

Nel caso del veterinari­o di Ponte nelle Alpi ha prevalso la forza sulla debolezza, la violenza sull’amore, il padre sull’estraneo, la natura sulla cultura.

Sento dire che esistono psicologi per animali. Non so cosa possono fare al bisogno, oltre a calmarli con la chimica. Forse non è possibile educarli a dominare la proprie emozioni.

Mentre dovrebbe essere possibile educare gli umani, fin dalla più tenera età, per evitare che le emozioni negative, quali la rabbia, l’avidità, il desiderio di vendetta, la smania di potere sovrastino, come spesso accade, il rispetto per l’altro da sé (che a volte può essere una compagna o ex compagna di vita, a volte perfino un figlio). Morale: dunque gli uomini possono essere peggiori degli animali? Succede, purtroppo, e non sempre è eccezional­e.

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