Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Poste, un piano per salvare i servizi nei piccoli Comuni «Facciamo pure i tesorieri»
Tremila sindaci a Roma. E Salvini vuole resuscitare le Province
Non chiamateli «piccoli comuni», meglio «comuni a bassa densità abitativa» per dirla con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella. E proprio con il messaggio dal Quirinale si è aperto ieri a Roma il convegno monstrum con tremila sindaci dei piccoli comuni italiani, quelli con meno di 5000 abitanti che però sono pari al 54% del territorio nazionale e al 70% dei comuni italiani. Per loro, un piano in dieci punti di Poste Italiane che si candida a presidio dei territori, spesso montani in cui i servizi essenziali sono sempre più rarefatti.
Molte le promesse dell’ad di Poste Italiane Matteo Del Fante. Su tutte, la promessa di non chiudere gli uffici postali e la possibilità di aderire a un servizio di tesoreria quando gli istituti bancari abbandonano il campo. La raccolta di Poste viene poi gestita da Cassa Depositi e Prestiti e quindi alimenta gli investimenti nel Paese. Nel decalogo illustrato da Del Fante ci sono poi la diffusione ovunque, anche nei piccolissimi centri di sportelli Atm, il potenziamento in periodo turistico dei servizi postali e la donazione a scopo sociale ai municipi degli edifici in disuso delle Poste.
Quella dei piccoli comuni non è, numeri alla mano, una questione di lana caprina. Neppure per il Veneto che conta più «piccoli» che «grandi», 297 contro i 274 che superano i 5000 abitanti. Sul totale dei 571 comuni veneti la percentuale dei piccoli arriva, infatti, al 52%. Va detto che sul podio delle regioni che contano il numero maggiore di «municipi mignon» salgono Piemonte e Lombardia ma il Veneto pesa comunque per il 5,36%. E non è tutta montagna, moltissimi sono disseminati ad esempio nel Padovano in cui sono «piccoli» 70 su
100.
Al centro congressi La Nuvola, ieri, c’era anche Anna Pittarello, prima cittadina inequivocabilmente entusiasta della sua fascia tricolore: «Sono sindaco da tre anni a Bovolenta dove viviamo in 3500 – spiega – e, certo, le difficoltà per noi piccoli comuni sono le stesse per tutte. Però il contatto diretto con i propri cittadini è impagabile. Per me, poi, il massimo sono i bambini. Ho realizzato numerosi parchi attrezzati e quando mi incrociano per strada mollano la mano della mamma per correre ad abbracciarmi. Non credo capiti ai miei colleghi di città più grandi». Accanto a lei c’era il primo cittadino della vicina Stanghella, Sandro Moscardi che di anime ne governa 4200: «Concordo, la possibilità di interloquire direttamente con i residenti è l’aspetto saliente: filtri non ce ne sono, la prima linea dei sindaci è concreta. Poi, però, riesci a salvare i fondi per le associazioni di volontariato, ad esempio, spesso più attive proprio nelle piccole comunità e allora ti si apre il cuore, tocchi con mano l’autentico senso civico». La genuinità, il senso di comunità e l’orgoglio, certo, ma per chi porta il peso della fascia tricolore sono gioie e dolori pare in egual misura.
Piergiovanni Argenton, sindaco di Tribano, 4500 abitanti, sempre nel Padovano spiega: «Vincere la sfida di mantenere intatti tutti i servizi è una gran soddisfazione ma non so per quanto riusciremo a reggere. In 5 anni gli adempimenti normativi sono cresciuti del 250%». E allora c’è chi tenta la via – sono sempre di più – della fusione. «Noi abbiamo il referendum per la fusione con Mason Vicentino il 16 dicembre – dice Dino Giorgio Crestani, sindaco di Mol- vena – e l’obiettivo è proprio salvare i servizi, lo sport ad esempio, e poi, appunto, le poste».
Dal palco, Antonio Decaro, presidente Anci, ha chiesto a gran voce i decreti attuativi della «legge Realacci» per i piccoli municipi. Per il presidente del consiglio Giuseppe Conte i piccoli sono fondamentali, per il turismo, l’ambiente e la prevenzione del dissesto idrogeologico. «In legge di bilancio ci sono 80 milioni per 5000 comuni e agevolazioni per rinegoziare i mutui con il Mef – ha concluso il premier - in più istituiamo il fondo per gli investimenti territoriali con una dotazione di 9 miliardi per i prossimi tre anni». Matteo Salvini ha chiuso il convegno aggiungendo che per tutelare i piccoli centri si metterà mano a breve al nodo «province» che, soprattutto nei centri montani, deve essere ripristinato.