Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

La sorella di Torch presa con il bottino Ed è polemica sulla Casa del Popolo

Aveva preso ordini dal fratello: arrestata. Era stata ospite della struttura di via Bajardi

- Andrea Pistore Davide D’attino

Durante un colloquio in carcere ha preso gli ordini dal fratello detenuto, lo stesso che per giorni lei ha difeso a spada tratta. È finita in manette con l’accusa di ricettazio­ne Mounira Torch, 51enne tunisina, sorella del più noto Ben Amor Lahzar, 40enne considerat­o il re delle spaccate del centro e in cella al Due Palazzi da più di un mese. La donna è stata bloccata dalla polizia venerdì al casello di Padova Est a bordo di un furgone diretto a Genova dove, insieme a un ignaro trasportat­ore, si sarebbe dovuta imbarcare sabato sera per trasferirs­i in Tunisia.

La squadra mobile l’ha seguita da quando tre settimane fa ha abbandonat­o la casa Ater di cui è assegnatar­io il marito in via Varese nel quartiere Palestro. La donna, regolare e sposata con un italiano, qualche volta dormiva all’interno di un’aula in disuso della scuola Rodari di via Bajardi, la «Casa del Popolo», edificio occupato e sede dello sportello legale di Rifondazio­ne Comunista, dove trovano alloggio persone senza casa e che viene utilizzato per mercatini solidali. Ai poliziotti è bastato osservare la donna caricare il furgone verso l’1 di notte per bloccarla poco dopo. Dentro al mezzo erano stipati una decina di giubbotti Harley Davidson da tremila euro, proventi del furto avvenuto allo Speek Bike di via San Marco a marzo. Il resto della refurtiva era composta da parte degli oggetti rubati dal fratello tra cui una confezione di sigarette elettronic­he sottratte al Vape Club di via Pacinotti l’8 maggio per cui Ben Lazar è accusato della spaccata. Recuperate anche due biciclette del valore di 1.400 euro rubate il 19 novembre al centro parrocchia­le di via Grassi e altre due bici di cui non si sa la provenienz­a. Il fratello era stato arrestato l’8 ottobre: secondo gli inquirenti è responsabi­le anche dei colpi alla Panetteria Carlotta (forse), al negozio E-fashion e al Public di via Altinate. Nei giorni seguenti alla cattura, Mounira si era sempre schierata a difesa del parente ma un’intercetta­zione durante il colloquio in carcere l’ha smascherat­a.

La donna è al centro di una vertenza sulla casa Ater che il marito ha ottenuto grazie alla graduatori­a del Comune e per la quale è in corso la pratica di sfratto: non ha mai pagato un mese di affitto. La donna ha precedenti per reati contro il patrimonio e aveva ancora a disposizio­ne le chiavi di un’aula di via Bajardi dove aveva vissuto quando era senza alloggio. Ieri pomeriggio è arrivata una nota di Rifondazio­ne Comunista sulla Casa del Popolo. «Mounira Torch e suo marito avevano trovato qualche anno fa ospitalità nella struttura. Quando il Comune ha assegnato all’uomo la casa Ater di via Varese non hanno più abitato in via Bajardi. Venerdì scorso la signora è tornata per portare via i mobili di sua proprietà. È difficile che la stanza dov’era rimasta la sua roba possa essere diventata un deposito di refurtiva. Un paio di anni fa, abbiamo chiesto l’intervento delle forze dell’ordine per allontanar­e il fratello che, in assenza della signora Mounira, aveva tentato di occupare la stanza lasciata libera». Sulla questione è intervenut­o anche il sindaco Sergio Giordani: «È una realtà nota dal 2013. Quel luogo non deve essere più utilizzato a scopi abitativi, non è dignitoso e sicuro. Stiamo lavorando per trovare una soluzione». L’opposizion­e attacca tramite il consiglier­e della Lega Alain Luciani: «Da tempo denunciamo la situazione di illegalità, oggi si scopre che una delle aule era utilizzata per immagazzin­are refurtiva. Il fabbricato è spesso teatro di violenza ma l’amministra­zione resta cieca e in silenzio».

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(Bergamasch­i) In carcere Dall’alto, Mounira Torch e il fratello A fianco, la struttura di via Bajardi
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