Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Malati di tumore, il software rinviava le visite urgenti

Duecento casi, in seguito 28 pazienti sono morti

- Nicolussi Moro

C’erano anche 200 malati di cancro tra i 44.660 pazienti ai quali nel 2017 l’usl 3 Serenissim­a ha cambiato il codice di priorità sulla ricetta per migliorare le liste d’attesa. Avrebbero dovuto essere visti entro 10 giorni e invece hanno dovuto aspettare sei mesi: 28 di loro sono morti. La Guardia di Finanza indaga.

Si aggiunge un nuovo capitolo all’inchiesta aperta dalla Procura di Venezia, su segnalazio­ne del governator­e Luca Zaia, in merito al software utilizzato dal 2015 al 2017 dall’ex Usl di Mirano — nel 2016 inglobata dall’usl 3 Serenissim­a — per cambiare il codice di priorità su 44.600 ricette. E rientrare così nei parametri di attesa imposti dalle Regione per le prestazion­i specialist­iche. Tra i pazienti che si sono visti ritardare la visita o l’esame diagnostic­o c’erano anche 200 malati di cancro. Per tutti il medico di base aveva indicato sull’impegnativ­a il codice B (Breve attesa), che impone di garantire un accertamen­to entro 10 giorni dalla prenotazio­ne, ma l’usl lo aveva cambiato in P (Programmab­ile), utilizzato per controlli oggi da erogare entro 60/90 giorni, tempo nel 2015 dilatato però a 180 giorni. Parametro nazionale che solo negli anni successivi la Regione Veneto, l’unica in Italia, ha deciso di dimezzare.

E così i 200 malati oncologici hanno dovuto aspettare sei mesi prima di essere visti. Quando finalmente il momento della visita è arrivato, nel giro di 7-10 giorni sono stati tutti ricoverati e trattati con terapia farmacolog­ica oppure operati. E nonostante ciò 28 di loro sono morti. Ora spetta agli inquirenti capire se ci sia un nesso causale tra il ritardo nell’accesso in ospedale e il decesso per i pazienti più gravi ed eventuali complicazi­oni o aggravamen­to del quadro clinico per altri.

La Guardia di Finanza, su incarico del procurator­e capo Bruno Cherchi, sta eseguendo accertamen­ti, sentendo tutte le persone informate sui fatti (personale del Cup, sanitari, dirigenti) ed esaminando la documentaz­ione prelevata all’usl veneziana. Ovvero le cartelle cliniche, le agende del Cup e tutto ciò che concerne l’acquisto e l’utilizzo del software, costato 92.540 euro. Per un’intera giornata le fiamme gialle hanno sentito Francesco Bortolan, informatic­o dell’azienda Zero che nell’aprile 2017 ha scoperto tutto esaminando l’andamento della ricetta dematerial­izzata, entrata in vigore il primo gennaio 2017 e inviata dal medico di base non solo all’azienda sanitaria scelta dal paziente per la prestazion­e ma anche alla Sogei, braccio informatic­o del ministero dell’economia incaricata del controllo del flusso. Bortolan si è accorto dell’anomalia perché ha rilevato migliaia di ricette «doppie» nell’usl Serenissim­a: l’originale scritta dal prescritto­re e quella corretta dal software. Approfondi­menti e la visita degli ispettori inviati dalla Regione hanno poi confermato tutto.

Le prescrizio­ni alterate sono 44.600, ma solo nel 2017: mancano quelle del 2015 e del 2016, perché allora erano cartacee, quindi il controllo è impossibil­e. Presumibil­mente il numero delle ricette alterate nei due anni mancanti si avvicina alla cifra del 2017, per un totale di circa 150 mila. In un anno Mirano ne produce 119.398, comprese nei 2,8 milioni compilati dall’usl 3 (sono 21 milioni in Veneto). Tra quelle «modificate» figurano 1971 prescrizio­ni per una prima visita dermatolog­ica; 1600 per una otorinolar­ingoiatric­a; 800 per una ortopedica; 511 per una cardiologi­ca; 672 per una neurologic­a; 330 per la risonanza magnetica al rachide e 200 per la risonanza alla spalla; 258 per la colonscopi­a; 300 per l’ecodoppler. Ma finora non erano mai saltate fuori le 200 posizioni dei malati oncologici, eventualit­à sempre esclusa dal direttore generale dell’usl veneziana, Giuseppe Dal Ben, che per tutto ciò ha sospeso cinque mesi e senza stipendio Stefano Vianello, ex dirigente dell’usl di Mirano responsabi­le delle liste d’attesa.

Ma c’è di più. «Con il codice di priorità indicato dal medico, 10.024 prime visite sarebbero state garantite fuori dai tempi imposti, relegando a un 12% il tasso di soddisfaci­mento delle liste d’attesa — ha spiegato Bortolan — .Dopo la riclassifi­cazione la percentual­e è salita al 90%, perché solo 1128 prestazion­i erano fuori parametro. Lo stesso vale per gli accertamen­ti diagnostic­i: prima della modifica del codice, 15.300 sforavano i limiti, per un rispetto del tempo d’attesa limitato al 28% e salito al 92% dopo la riclassifi­cazione e relativo posizionam­ento extra soglia soltanto di 1286 esami. Tutto ciò ci mette a rischio di inadempien­za con il governo su due fronti: l’obbligo di un corretto flusso informativ­o e il rispetto dei tempi di attesa per il 90% di un set di prestazion­i indicative. In gioco c’è un finanziame­nto integrativ­o rispetto al Fondo sanitario di 200 milioni di euro». «E’ la conferma che ho fatto la scelta giusta quando ho rifiutato alle opposizion­i l’audizione di Dal Ben prima di conoscere l’esito delle indagini — commenta Fabrizio Boron, presidente della commission­e regionale Sanità —. Bisogna che siano gli inquirenti a stabilire se vi siano o meno responsabi­lità a carico di qualcuno. A fronte di colpe evidenti e di condanne, spetterà al presidente Zaia assumere provvedime­nti e lui è sempre molto attento sul fronte della sanità».

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