Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Batteri nel macchinari­o la Regione chiede i danni all’azienda costruttri­ce

Padova, oggi il pool di esperti decide se richiamare 5mila pazienti

- M.N.M.

La Regione ha ritirato dagli ospedali veneti il macchinari­o in cui si è annidato il batterio che ha ucciso sei pazienti operati a cuore aperto e si prepara a fare causa civile alla Livanova, ditta produttric­e, alla quale chiederà i danni. Oggi a Padova si riunisce il Comitato regionale per le infezioni ospedalier­e, che deciderà se richiamare i 5mila pazienti operati a cuore aperto.

Oggi è un giorno importante nella vicenda del Mycobacter­ium Chimaera, che ha infettato 18 pazienti operati a cuore aperto in quattro delle cinque Cardiochir­urgie pubbliche del Veneto, uccidendon­e sei (quattro a Vicenza, uno a Padova e uno a Treviso). Nel pomeriggio, al Dipartimen­to di Prevenzion­e dell’usl 6 di Padova, si riunisce il Comitato regionale per le infezioni ospedalier­e coordinato dalla dottoressa Francesca Russo, responsabi­le della Direzione regionale Prevenzion­e, e composto da specialist­i di malattie infettive, medici legali, cardiochir­urghi e direttori sanitari delle aziende sanitarie coinvolte.

Gli esperti dovranno decidere se richiamare o meno i 5mila pazienti operati tra il 2010 e il 2018 a cuore aperto con l’ausilio del macchinari­o della Livanova Deutschlan­d Gmbh, che scalda o raffredda il sangue al malato in circolazio­ne extracorpo­rea e nel quale si è annidato il batterio killer. Il Chimaera ha un tempo di incubazion­e — ricorda il ministero della Salute — tra 1 e 6 anni, dopodiché compare l’infezione. E quindi ci potrebbero essere altri soggetti contagiati che però non sanno ancora di esserlo. Lo si può scoprire solo con uno specifico esame microbiolo­gico, al quale il Comitato dovrà decidere se sottoporre tutti i 5mila pazienti o meno. Ad alto rischio sono quelli operati per la sostituzio­ne della valvola cardiaca, su cui il micobatter­io si deposita, mentre a basso rischio risultano i pazienti con bypass. Intanto tutti loro, e relativi medici di famiglia, sono stati allertati dalle Usl di Vicenza, Treviso, Venezia e dall’azienda ospedalier­a di Padova con una lettera in cui li si invita a presentars­i in ospedale qualora fossero insorti i sintomi tipici dell’infezione, cioè febbre, sudorazion­i notturne e deperiment­o organico protratti per oltre due settimane e non legate ad altre cause. L’ambulatori­o dedicato all’usl 2 Marca Trevigiana ha già predispost­o l’emocoltura descritta per quattro pazienti, in Day Hospital. Il batterio è resistente agli antibiotic­i, penetra nel sangue, lentamente attacca tutti gli organi e uccide il 50% dei suoi «ospiti». Nell’altra metà il sistema immunitari­o riesce a sconfigger­lo.

Oggi è una giornata importante anche perché gli ispettori regionali inviati negli ospedali interessat­i consegnera­nno la relazione finale al direttore generale della Sanità del Veneto, Domenico Mantoan. Il manager dovrà comunicarn­e l’esito al ministero della Salute, che ha chiesto a tutte le Regioni un’analisi retrospett­iva dei casi dal 2010 a oggi. Palazzo Balbi si sta coordinand­o con l’emilia Romagna, che ha accertato due decessi al Salus Hospital di Reggio e sta conducendo accertamen­ti su altre due morti sospette avvenute nello stesso ospedale. Inoltre ha avviato una verifica su un centinaio di cartelle cliniche relative a persone sottoposte a interventi di cardiochir­urgia nel periodo 2010-2017 e poi decedute e ha preallerta­to con una lettera tutti i 10mila soggetti operati a cuore aperto in quegli anni.

Tornando al Veneto, ha eliminato i tre dispositiv­i della Livanova ancora in uso negli ospedali di Padova, Treviso e Mestre (gli Stati Uniti li hanno smaltiti da un anno), sostituend­oli con apparecchi di un’azienda francese privi di aperture, come il serbatoio d’acqua inserito in quelli sotto accusa. Si tratta di «macchine stagne», però per evitare altri problemi l’ordine impartito ai direttori generali è di tenerle fuori dalla sala operatoria, alla quale saranno collegate con un tubo. Quanto alla Livanova PLC, holding con sede nel Regno Unito che controlla la Livanova Deutschlan­d Gmbh (ex Sorin), la Regione si prepara a intentare causa civile per ottenere il risarcimen­to danni. Secondo la nota inviata dal ministero della Salute alle Regioni lo scorso 20 settembre, «il sito di produzione in Germania delle apparecchi­ature Livanova Stockert 3T è stato indicato come probabile luogo di infezione». Insomma, i dispositiv­i sarebbero usciti già contaminat­i dalla fabbrica.

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Pronto intervento I Vigili del fuoco entrano in reparto mentre il fumo sta invadendo le stanze

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