Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

CODICE APPALTI FATE PRESTO

- di Sandro Mangiaterr­a

Sia chiaro, formare un cartello tra imprese per aggirare la concorrenz­a e alla fine alzare i costi dei lavori, è un reato. Così come utilizzare materiali scadenti o comunque diversi da quelli pattuiti. Seppellire rifiuti speciali e magari tossici negli scavi delle strade o di altre opere pubbliche, poi, è più di un reato: è un attentato alla salute dei cittadini. Tutte pratiche antiche e dure a morire: gli autori vanno individuat­i e colpiti con il massimo del rigore, senza fermarsi davanti a nomi più o meno eccellenti. Ben venga, dunque, l’operazione Grande Tagliament­o, lanciata dalla Guardia di finanza di Gorizia, che ha aperto un’ennesima pagina di malaffare nel virtuoso Nordest. Eppure, nell’attesa che vengano individuat­e le precise responsabi­lità, una riflession­e è d’obbligo, se non altro per le dimensioni dell’indagine: perquisizi­oni e sequestri di atti e documenti hanno coinvolto 120 società e 220 soggetti in 14 regioni. Un elenco lunghissim­o. Di fronte al quale ha ragione Giovanni Salmistrar­i, presidente dell’ance Veneto (l’associazio­ne dei costruttor­i edili), a storcere il naso: «È evidente che il sistema non funziona».

Proprio così. Nel mirino c’è il nuovo Codice degli appalti, entrato in vigore nell’aprile 2016, figlio tardivo dell’epoca di Tangentopo­li e prodotto di una cultura che in ogni opera, dalla manutenzio­ne stradale del priccolo comune alla realizzazi­one della Tav, vede annidarsi il rischio di nefandezze e mangiatoie incontroll­abili.

Insomma, nate per assicurare la massima trasparenz­a ed evitare sul nascere ipotesi corruttive, le nuove regole hanno introdotto una tale rigidità da portare alla sostanzial­e paralisi dei lavori. Il risultato, secondo l’ance, è che per avviare un cantiere sono necessari in media quattro anni e addirittur­a 15 per un’opera sopra i cento milioni. Non basta. Nelle ultime leggi di Bilancio sono stati stanziati 150 miliardi, spalmati su 15 anni, per programmi infrastrut­turali. Peccato che in 24 mesi sia stato speso appena il 4% di queste risorse. Matteo Salvini aveva promesso: «Entro novembre il famigerato Codice degli appalti sarà smontato e riscritto». I tempi si allunghera­nno. Qualcosa, però, va fatto. Occorre allentare i limiti, oggi molto rigorosi, in materia di subappalti. Per le ristruttur­azioni e il riutilizzo di edifici dismessi (i famosi capannoni vuoti e non solo) si deve pensare all’introduzio­ne di corsie preferenzi­ali e, perché no, di agevolazio­ni fiscali. Soprattutt­o, vanno ridotti i passaggi burocratic­i, vera causa della paralisi del sistema. Chi l’ha detto che anticorruz­ione non possa fare rima con semplifica­zione? La sfida è questa: coniugare legalità e pragmatism­o. Ora il governo torna alla carica parlando di un piano straordina­rio di investimen­ti per la messa in sicurezza del territorio, interventi antisismic­i nelle scuole e negli ospedali, lotta al dissesto idrogeolog­ico. Bisogna stanziare i soldi, ma anche saperli spendere. Più in fretta possibile.

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