Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
«Lui è un padre gentile, non può averlo fatto»
Marano Vicentino, svolta nelle indagini. La madre della vittima: «Anna non si sarebbe mai tolta la vita»
Anna Filomena Barretta non si è ammazzata puntandosi contro la pistola del padre delle sue figlie, guardia giurata. Anna sarebbe stata uccisa. Da lui, dal marito Angelo Lavarra. Anzi, da appena un mese, ex marito. Che avrebbe inscenato il suo suicidio e che all’alba di ieri, a nove giorni dalla tragedia - svolta inaspettata - è stato portato in carcere a Vicenza. Per omicidio. E sui social i commenti non si sono fatti attendere: «Bastardo», «Hai reso orfane le tue figlie», «Carcere a vita». Per il metronotte la donna, dopo un’accesa discussione avvenuta nell’abitazione di Marano Vicentino, si era rifugiata in quella che fino a pochi giorni prima era stata la loro camera da letto e si era puntata contro la semiautomatica. E non in bocca come sembrava sulle prime, ma alla nuca, come emerso dai successivi esami medici disposti dalla procura. Dietro la testa. Strano, difficile, inusuale. Il resto è emerso oltre che dall’autopsia, dalle indagini dei carabinieri del nucleo investigativo di Vicenza e della compagnia di Thiene, dagli accertamenti scientifici effettuati solo pochi giorni fa nell’appartamento sotto sigilli dai colleghi dei Ris di Parma.
Altri elementi che hanno portato militari e procura a smantellare l’ipotesi del suicidio, non solo perché il colpo che ha ammazzato la madre di famiglia non è stato sparato a bruciapelo ma a una distanza di trenta centimetri, ma anche perché il proiettile è entrato da sinistra quando la donna, 42enne, era destra. Una dinamica alquanto improbabile, impossibile, anche per la posizione in cui è stata trovata la donna. E poi sarebbero stati isolati segni di trascinamento in casa. E se per ora non sono emersi riscontri di una eventuale aggressione precedente la tragedia, non è escluso che emergano in seguito. Insomma, un’altra verità. Che all’alba di ieri ha portato l’uomo in cella. Accusato di aver ammazzato quella che era stata sua moglie per vent’anni, la donna con cui si era creato un futuro trasferendosi dalla Puglia nel Vicentino.
Un matrimonio naufragato, quando lei, cassiera di supermercato, aveva chiesto la separazione. Da poco si era presa in affitto un appartamento, per quanto continuasse a frequentare la casa coniugale, per vedere le figlie, affidate al padre. Che è ora in carcere. La misura del fermo di indiziato di delitto è scattata dopo un lungo interrogatorio in cui la guardia giurata della Civis non sarebbe mai incappata in contraddizioni. Così come il giorno della tragedia, il 20 novembre, quando Lavarra è stato torchiato per circa sei ore. Quel giorno era smontato dal servizio notturno due ore prima del previsto per un forte mal di testa. Rientrato a casa, aveva trovato la ex, con cui poi aveva litigato per soldi, per le troppe spese da affrontare, tra cui quella dell’appartamento occupato da lei. «Anna ha usato la mia Beretta calibro 9x21 che avevo risposto nell’armadietto, quella che in passato le avevo mostrato come si caricava – ha riferito il 44enne, assistito dall’avvocato Rosanna Pasqualini – dopo la discussione mi ero appisolato sul divano della sala. Alle 10 circa il colpo di pistola mi ha svegliato e sono corso in camera». Allora, stando al suo racconto, ha trovato l’ex sul pavimento, in un lago di sangue. «Mia moglie si è sparata, venite, presto» la telefonata a Suem e carabinieri. Troppo tardi.
Una versione alla quale però non crede nemmeno la madre della donna: «Anna non sapeva maneggiare una pistola, non si sarebbe mai uccisa». Quanto al possibile movente gli investigatori non escluderebbero la gelosia, per quanto nella vita della 42enne non vi fosse nessuna nuova amicizia. Ipotesi, per ora. Di certo Lavarra potrà raccontare la sua verità al giudice nelle prossime ore, durante l’interrogatorio, dopo il quale saprà se dovrà continuare o meno a rimanere in carcere.