Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Risparmio «tradito»
Scade oggi il termine entro cui le pronunce favorevoli rese..
Scade oggi il termine entro cui le pronunce favorevoli rese dall’arbitro per le Controversie Finanziarie (ACF) della Consob consentono a molti risparmiatori coinvolti nelle vicende delle banche venete e di quelle risolte a fine 2015 di accedere al fondo previsto dalla legge di conversione del recente decreto milleproroghe (art. 11, comma 1-bis, l. n. 108/18). L’attività svolta dall’acf su questo fronte può essere riassunta in pochi dati: oltre 1.200 ricorsi trattati, di cui poco meno di 1.000 ammessi, di questi circa 850 accolti, per un controvalore che supera i 35 milioni di euro. I primi 100 risparmiatori hanno già ricevuto l’accredito delle somme riconosciute, per circa 2 milioni di euro complessivi. Seguiranno tutti gli altri.
L’intervento attuato con il milleproroghe potrà consolidarsi se l’iter di approvazione della legge di bilancio si concluderà confermando l’impianto dell’attuale art. 38, che prevede analoga forma di ristoro per la generalità dei risparmiatori coinvolti nelle stesse vicende. Si tratta di misure che, tutelando i singoli, hanno anche un fine pacificatorio di sistema. Buona parte dei ricorsi finora pervenuti all’acf (3.500) riguardano casi di «risparmio tradito» collegati alle crisi bancarie degli ultimi anni. In essi è emersa spesso evidente la violazione di principi fondanti nella prestazione dei servizi d’investimento, primo tra tutti quello di servire al meglio l’interesse del cliente. Scarse conoscenze finanziarie e passività degli investitori hanno concorso a creare un humus ideale per comportamenti scorretti, supportati da set informativi suggestivi ma anche decettivi.
Emblematica è l’informazione somministrata a ignari clienti, secondo cui un titolo non quotato è meno rischioso, non essendo soggetto alle oscillazioni di un titolo - invece - quotato. Omettendo, però, di precisare che un titolo non quotato, oltre al resto, è decisamente a maggior rischio di illiquidità, con quel che ne consegue quando si vorrà poi disinvestire. Si è trattato di comportamenti a dannosità diffusa, per i quali un organismo come L’ACF può fornire risposte in linea con le aspettative solo se le sue decisioni danno accesso ad un effettivo ristoro. Come reso possibile dal decreto milleproroghe. Al di là di questi casi, si riscontra in generale la tendenza degli intermediari a ritenere esaurito il loro compito con gli adempimenti formali. Dal canto loro, gli investitori retail abdicano troppo spesso ai propri diritti, anzitutto informativi, preferendo confidare in un rapporto fondato sulla fiducia. Non considerando che la fiducia è collante delle relazioni umane, e dunque anche economiche, che si consolida nel tempo e che non va presupposta.
Può L’ACF svolgere un ruolo «educativo» su questo fronte? E’ in realtà ciò che fa quando risolve controversie delineando anche best practices, di cui gli intermediari sono chiamati a tenere conto e che possono guidare gli stessi investitori. Ma è evidente che ciò non basta. Fondamentale è che il rapporto cliente/intermediario consenta di trasmettere reciproche ed effettive conoscenze, oltre che la giusta consapevolezza. Questo già in fase precontrattuale, quando si decide come investire. In modo trasparente e che dia sostanza alle regole. La professionalità che l’intermediario è chiamato a mettere in campo a questo fine deve coniugarsi con un ruolo attivo dell’investitore, primo tutore di sé stesso: fare domande e ottenere risposte «prima» può sterilizzare sul nascere il rischio di contenzioso «dopo». Occorre, in altre parole, favorire un processo di emancipazione dell’investitore retail e l’onda lunga di un cambiamento, anzitutto culturale e di mentalità, nelle dinamiche relazionali. Sappiamo oramai tutti che la tutela del risparmio è precetto fondante della nostra Costituzione. Esso non va evocato soprattutto quando violato, ma reso vivente nella quotidiana pratica degli affari.
* presidente ACF