Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Quel serenissim­o (dal quattrocen­to) figomoro in collina

Lungo, saporito, unico: a Caneva lo raccogliev­ano per i Dogi Ora un consorzio lo valorizza, lo protegge. E lo trasforma

- Di Angelo Cimarosti

La Serenissim­a Repubblica non aveva bollini di qualità per le sue merci, ma qualcosa di molto simile a una certificaz­ione esisteva da sempre. Non ci sono dubbi che Venezia riponesse la massima attenzione nel funzioname­nto dell’arsenale, e che dalle sue galee e galeazze dipendesse­ro le rotte commercial­i e, in ultima istanza, la sua stessa indipenden­za. Così le forniture per le navi dello Stato da Mar, testimonia­te dai documenti d’archivio, sono scrupolosa­mente annotate così come le regole per garantire il massimo della qualità. I pistori veneziani, ossia i fornai, dovevano fornire una quantità di pan biscotto da stivare sulle galee. Dai boschi del Cansiglio arrivavano i tronchi per i remi, da faggi selezionat­i per la loro elasticità. La stessa strada, e lo stesso destino, prendevano altri prodotti della terra di Caneva, borgo alle pendici delle colline in provincia di Pordenone, il primo paese della regione friulana con forti connotazio­ni venete, proprio su questa strada di approvvigi­onamento. I pregiatiss­imi fichi della zona, opportunam­ente diseccati venivano inviati all’arsenale per fare compagnia energetica al pan biscotto caricato sulla flotta.

Ma il fico fresco, noto come fico nero, andava dritto sulle tavole più ricche della Dominante. Il «figo moro», finita la repubblica con Napoleone, ha vissuto momenti di quasi oblio. Veniva, è vero, caricato negli anni ’60 e ’70 sui camion dei commercian­ti che andavano a rivenderli in Cadore ai turisti, o nel Veneziano. Ma si trattava di un’integrazio­ne al reddito agricolo, o poco di più. Eppure, questo frutto dalle caratteris­tiche eccezional­i, piccolo, di una dolcezza delicata, dalle eccellenze nutriziona­li complesse, meritava di più secondo Giovanni Coan, che convinse un nucleo di produttori a riunirsi nel consorzio Figomoro, per valorizzar­lo a partire dal 2006. Gli 800 alberi originali, tutti rigo-

Sandro Mutton

Possono essere piante esclusivam­ente di questa zona perché c’è una terra argillosa, compattiss­ima, che noi chiamiamo rú, in cui affondano le radici potenti dei fichi

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NovitàI prodotti realizzati con il figomoro dal Consorzio di Caneva
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Produttore Sandro Mutton, socio storico del Consorizio del Figomoro

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