Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Il buono del Raboso solidale
L’idea è di quelle semplici. Valorizzare l’unico vitigno autoctono a bacca rossa del Trevigiano, il Raboso. E contemporaneamente aiutare l’aipd, l’associazione italiana persone down. È nato così il progetto di Giorgio Cecchetto, titolare dell’omonima cantina di Tezze di Piave nel Trevigiano e uno dei fondatori della Confraternita del Raboso. E adesso la «vendemmia solidale» è stata premiata: al Merano Wine Festival ha ricevuto il premio Eticork, istituito da Amorim Cork Italia in collaborazione con la guida Vinibuoni d’italia.
Un’avventura, questa, iniziata nel 2005. I ragazzi si trasformano in vignaioli ed enologi, producendo circa mille bottiglie di Raboso del Piave, che con orgoglio presentano in primavera allo stand della Regione Veneto al Vinitaly di Verona. L’iniziativa è realizzata nell’ambito del progetto «autonomia sociale», che li vede coinvolti in tutte le fasi della produzione del vino: dalla vendemmia alla pigiatura, dalla lavorazione all’imbottigliamento, fino alla realizzazione delle etichette, disegnate a mano.
E così ogni anno nei giorni della vendemmia del Raboso Piave tra i filari dell’azienda trevigiana si assiste ad una giornata di festa. «Se pensiamo ad una volta, le giornate della vendemmia erano le più attese dai contadini, era il momento di tirare le somme di un’intera annata di lavoro e di fatiche», incalza Cecchetto. «Era usanza dei vendemmiatori intonare canti gioiosi, testimonianza di persone felici ed innamorate della propria terra e del proprio lavoro. Momenti che ci piace riscoprire insieme ai ragazzi coi quali realizziamo la vendemmia solidale, con l’obbiettivo di rafforzare il valore che può nascere dalla sincera volontà di fare impresa in maniera condivisa e inclusiva».
Quest’anno poi l’annata sarà ricordata per l’abbondante produzione e buona qualità. «Per il Raboso del Piave le giornate soleggiate e calde, con bassa umidità nel mese di ottobre hanno costituito il clima ideale per la maturazione», dice Cecchetto. Vendemmiato alla fine di ottobre, con un anticipo di circa dieci giorni rispetto alla tradizione, sta fermentando nelle botti e tutto lascia presagire una grande annata. In alcune aziende è anche steso sui graticci, o per produrlo poi in versione passita o per entrare a far parte della Docg Malanotte.
Un modo, quello della vendemmia solidale, per far conoscere un vitigno storico del trevigiano, che in questo centenario dalla fine della prima guerra mondiale viene ricordato come la vera «trincea» contro l’invasore austro-ungarico dopo Caporetto, quasi più del Piave. «I soldati si ubriacarono nelle cantine dei contadini: per questo poi li ricacciammo», raccontano ancora oggi i contadini.
Il vitigno sacro del Piave, peraltro, è denominazione di origine controllata dal 1971 e Docg Piave Malanotte dal 2008. . Un vitigno che però sta soffrendo il successo commerciale del Prosecco: capita sempre più spesso che venga estirpato per far posto alla Glera. «Anche per questo le iniziative solidali come la nostra — chiude Cecchetto — servono ad attirare l’attenzione su un patrimonio che si rischia di perdere”.