Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Borsa, in sei mesi persi 2,9 miliardi

Dallo spread alla sfiducia dei mercati. Le imprese: l’incertezza politica frena gli investimen­ti

- Favero

Spread, sfiducia dei mercati, investitor­i VENEZIA in ritirata. In sei mesi, da quando si è insediato il governo Lega-cinque Stelle a oggi, le aziende venete quotate in Borsa hanno perso 2,9 miliardi di valore. «Gli investitor­i scelgono mercati considerat­i più stabili e con maggiore attenzione verso le imprese» commenta Maria Cristina Piovesana presidente di Assindustr­ia Veneto Centro.

Gli unici segni positivi VENEZIA sono in corrispond­enza di Ascopiave (+3,69%) e Zignago Vetro (+2,18%). E anche di Carel, l’azienda padovana dei controlli per impianti di condiziona­mento che sta mostrando una capacità di resistenza fortissima: dagli 8,25 euro del debutto, l’11 giugno, oggi il titolo Carel ne vale 9,96: il 20% in più. Significa un valore in Borsa aumentato di quasi 170 milioni, oggi a 985. Perché, invece tirate le somme, la squadra veneta delle aziende presenti in Borsa ha lasciato in sei mesi sul campo circa 2,9 miliardi di euro di valore. Il conto è presto costruito, sommando le perdite di valore delle aziende accumulate con i prezzi di Borsa del 6 dicembre rispetto a quelli del 7 giugno, pochi giorni dopo l’insediamen­to del governo Lega-cinque Stelle avvenuto l’1 giugno.

È l’altra faccia della crisi dello spread, della sfiducia del mercato verso l’italia, del ritiro degli investitor­i. Che moltiplica gli altri effetti negativi di contesto - dalla Brexit, alle guerre sui dazi, al rallentame­nto dell’economia mondiale - e delle aziende. Com’è nei casi di crisi, come Safilo, chiamata ad un aumento di capitale da 150 milioni per salvarsi, che ha perso 108 milioni di valore e il 68% dei prezzi, o la Ovs della moda, in crisi dopo il fallimento della collegata svizzera, che ha perso il 50% di valore, 345 milioni di euro.

Le perdite dipendono molto dalla taglia dalle aziende. Il titolo Luxottica, in attesa di essere delistato per esser quotato a Parigi con Essilor dopo la fusione, ha perso «solo» il 3,7%; tradotto in termini reali, per una società che vale per il mercato oltre 25 miliardi, significa una perdita sui 920 milioni. La falcidia colpisce poi tra i titoli maggiori quelli finanziari, come Banco Bpm (411 milioni di valore persi con la discesa delle azioni dell’11%), Banca Ifis, il cui 28% in meno vale 363 milioni in meno, e Cattolica (121 milioni in meno di valore, con l’8,8% in meno di valore). Altre perdite significat­ive in valore assoluto per Geox (-49% e 314 milioni bruciati) e De Longhi (243 in meno e -6,45%).

Se si scende sotto i cento milioni bruciati, si trovano Nice (84,3 milioni, -22%) e Carraro (79, -31%). In coda le società più piccole, come Askoll (24 milioni perduti dalla quotazione dell’11 luglio, -30% sul prezzo) H-farm (21 milioni, -30% sul prezzo), Masi Agricola e Somec (17 milioni persi a testa), Dba (15), Stefanel (6,5) e Fedon (3,4), mentre Piovan è ferma sul valore di quotazione.

Fin qui le aziende già in Borsa. Ma la questione di quanto costi la tempesta dello spread riguarda in prospettiv­a anche le medie aziende che vi puntavano come canale alternativ­o di finanziame­nto per aumentare taglia e crescere. Numero sempre maggiore, in Veneto. Solo nell’ultimo anno si sono contati cinque ingressi: Dba, Somec, Carel, Askoll e Piovan. Frutto anche di un lavoro fatto dalla Borsa e dalle Confindust­rie con il programma Elite, per avvicinare le aziende più brillanti agli strumenti finanziari più evoluti e in prospettiv­a alla Borsa.

«Dal 2014 siamo desk del territorio per il Programma Elite di Borsa Italiana - ricorda la vicepresid­ente vicaria di Assindustr­ia Venetocent­ro, Maria Cristina Piovesana -. Ma l’attuale situazione di incertezza politica del nostro Paese frena gli investitor­i nazionali e internazio­nali nei confronti del nostro mercato; e potrebbero determinar­si scelte verso mercati considerat­i più stabili e con maggiore attenzione verso le imprese».

Il problema è proprio questo: che la soluzione Borsa in prospettiv­a è bruciata, di fronte a una tempesta dello spread che ha chiuso le finestre d’investimen­to sulle aziende italiane, a cui si dovrà aggiungere poi la recessione che si attende. Che il canale sia chiuso l’ha raccontato giusto questa settimana il sesto caso di quotazione (almeno in parte) veneto, abortito all’ultimo momento: Ieg. Come sia andata per la spa fieristica di Rimini e Vicenza lo ha raccontato l’altro ieri l’amministra­tore delegato Ugo Ravanelli: avuto da Londra la risposta che nessuno investe in questo periodo su aziende italiane, la società ha ridotto la richiesta al mercato da 60 a 37 milioni. Raccolti solo per i due terzi il giorno prima della chiusura dell’offerta. Andata avanti sul filo del rasoio per giorni, sulla speranza di un accordo politico Italia-ue sul bilancio statale. E naufragata mercoledì, sull’ultima giornata nera in Borsa, che ha azzerato gli ordini sui 12 milioni mancanti. E con loro, probabilme­nte, anche i progetti delle società che guardavano allo sbarco in Borsa nei prossimi mesi.

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Piazza Affari Negativo l’andamento delle quotate venete negli ultime sei mesi

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