Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Maria, uccisa 10 anni fa Diviso tra i sei nipoti il suo tesoro milionario

Risolta la vicenda dell’eredità, ma dell’assassino nessuna traccia: al vaglio decine di test del Dna

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Dieci anni fa moriva soffocata nel suo letto a Casalserug­o, uccisa nel corso di una rapina, Maria Pellegrini. Aveva 76 anni e nel tempo aveva messo via una fortuna, qualcuno parla di oltre 10 milioni di euro in case e conti correnti, forse erano un po’ meno, ma erano comunque tanti per una anziana donna vedova e senza figli che abitava in una casa modesta, senza lussi e sfarzi. La notte tra il 10 e l’11 dicembre del 2008 pioveva forte, qualcuno entrò dalla finestra del garage, salì in camera sua, la trovò a letto, in camicia da notte. E la legò, cercando qualcosa da rubare. La donna rimase uccisa, soffocata dallo strofinacc­io che il rapinatore le aveva legato alla bocca.

Da allora l’assassino sembra sparito nel nulla, di lui c’è solo un frammento di Dna lasciato sul nastro adesivo. Le indagini sono ancora aperte, solo una cosa si è risolta in questo decennio, e riguarda il lascito. «L’eredità è stata definita secondo il testamento – dice Piergiovan­ni Argenton, nipote della donna e sindaco di Tribano – io ho ereditato la casa, che lascio così com’è, non è escluso che la procura chieda di fare nuovi sopralluog­hi, e noi nipoti (sei in tutto ndr) viviamo con la speranza che si trovi l’assassino».

I sospetti degli investigat­ori si sono sempre concentrat­i sulla folta schiera di operai che lavoravano per la pensionata. Maria Pellegrini possedeva

Pista sfumata L’ultimo sospetto un operaio albanese, ma l’esame genetico ha dato esito negativo

diversi appartamen­ti, i genitori le avevano lasciato consistent­i risparmi accumulati con il commercio di bestiame, e lei li aveva fatti fruttare. Aveva molti appartamen­ti, alcuni in affitto, e ne stava realizzand­o di nuovi. Chi la conosce dice che prendeva personalme­nte accordi con i costruttor­i, parlava con gli operai, centellina­va i pagamenti e prima di saldare i conti voleva essere certa che le cose fossero fatte come aveva chiesto. Tutt’altro che una nonnina indifesa, insomma. Questo atteggiame­nto pare le avesse attirato dei forti risentimen­ti soprattutt­o da parte degli operai.

Subito dopo l’omicidio prese corpo l’idea che qualcuno avessero saputo di questa sua ingente ricchezza e che fosse convinto di trovare qualcosa di prezioso in casa. E invece quella notte trovò ben poco. Di una cosa i carabinier­i erano certi: il ladro voleva i soldi, non era mosso da desiderio di vendetta. Prova ne è il fatto che vicino al letto è stato trovato un catino e che il materasso e il cuscino erano pregni d’acqua: chiunque l’avesse immobilizz­ata non voleva ucciderla e quando si accorse che la donna non respirava ha tentato di rianimarla con l’acqua, ma era troppo tardi. Il corpo esanime di Maria venne trovato la mattina dell’11 dicembre. A scoprirlo fu la nipote Daniela Argenton insieme al marito ex poliziotto Pietro Pastò, proprietar­i di una fioreria proprio di fianco alla villetta Pellegrini e quel giorno non si insospetti­rono per via delle persiane tenute abbassate. A distanza di 10 anni resta una lista di «sorvegliat­i speciali», una quarantina di test del dna eseguiti su operai e parenti, ma ancora nessun indagato. L’ultimo sospetto in ordine di tempo era un operaio albanese rientrato in Italia nell’aprile del 2017 e sottoposto al test genetico. L’esito è stato negativo. Si è ricomincia­to tutto da capo.

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La casa del delitto a Casalserug­o L’ha ereditata uno dei nipoti, sindaco di Tribano

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