Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Timbra e se ne va, assolto dal giudice «Era una protesta e non una truffa»
Venezia, l’impiegato dei musei aveva avvisato i suoi superiori
Il tribunale, esattamente un anno fa, lo aveva condannato a sette mesi di reclusione per essersi assentato dall’ufficio negli orari di lavoro senza autorizzazione, timbrando il cartellino solo al mattino, al suo arrivo, e la sera, a fine turno. La Corte d’appello di Venezia, però, ha ribaltato la sentenza: O.G., 65enne di Portogruaro, è stato assolto.
La sua, per i giudici, non era una truffa ma una protesta. Quindi, non un reato punibile dal punto di vista penale, semmai una violazione disciplinare visto che lui stesso, con una lettera, aveva annunciato che da quel momento si sarebbe recato al lavoro solo per timbrare il cartellino a seguito delle decisioni prese dal datore sulle mansioni che avrebbe dovuto svolgere.
L’uomo all’epoca dei fatti, avvenuti tra agosto e novembre del 2006, lavorava come addetto al servizio di accoglienza visitatori al museo nazionale Concordiense di Portogruaro. L’accusa mossa nei suoi confronti era quella di aver fatto il furbo apponendo e togliendo dal cartellino pezzi di nastro adesivo in modo da alterarne le timbrature per potersi assentare. O.G., quindi, la mattina arrivava al lavoro e timbrava per poi allontanarsi. Solo a fine del turno, tornava a timbrare l’uscita.
Il tribunale, alla luce dei fatti, lo ha condannato ma l’uomo ha fatto ricorso in appello e i giudici gli hanno dato ragione. Il procuratore generale il 30 novembre ne aveva chiesto l’assoluzione perché il fatto non sussiste e la sentenza lo ha confermato. Il motivo?
Nessun inganno L’uomo, arrabbiato perché demansionato, aveva avvisato: vengo solo per timbrare
Una lettera firmata dallo stesso imputato, con data precedente rispetto alle assenze e indirizzata alla Soprintendenza per i Beni Archeologici del Veneto, nella quale O.G. manifestava il suo disappunto per essere stato demansionato.
Nella sua missiva l’uomo aveva annunciato anche che nel periodo successivo si sarebbe recato al lavoro solo per timbrare. Una sorta di protesta, insomma. Una nota inviata, poi, dalla direttrice del museo alla Soprintendenza, aveva confermato che anche quest’ultima era a conoscenza dell’annunciato comportamento dell’uomo.
Per i giudici, dunque, O.G. sebbene abbia danneggiato l’ente datore di lavoro, la questione non ha un rilievo penale. In parole povere, non è una truffa, visto che aveva avvisato. Semmai – specifica la Corte d’appello – il profilo da valutare è quello sul piano disciplinare.