Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Quei 1576 veneti scomparsi senza un perché «Aiutateci»
Crimini? Suicidi? Incidenti? Sono 1576 i veneti scomparsi. I familiari: «Verità!»
Come se un intero paese sprofondasse nel vuoto. Niente tracce, niente voci. Solo l’angoscia di chi rimane in una sorta di limbo. Il limbo dei familiari delle persone scomparse. Sono qualcosa come 1.576 solo in Veneto dal ‘74 ad oggi: vittime di incidenti in zone che non permettono di ritrovare il corpo, fughe volontarie, suicidi tenuti nascosti, crimini mai scoperti, nessuno sa cosa sia realmente capitato a queste persone. L’associazione Penelope ha protestato ieri a Roma per chiedere un aiuto contro la burocrazia: velocizzare le ricerche dal momento della scomparsa ma anche accelerare le dichiarazioni di morte per evitare che il limbo blocchi la vita di una famiglia.
Come se un intero paese sprofondasse nel vuoto. Non è l’argentina dei desaparecidos, ma il Veneto del 2018, terra di rilevatori gps, telecamere e droni. Tecnologie che si scontrano con il silenzio. Niente tracce, niente voci. Solo l’angoscia di chi rimane e, giorno dopo giorno, continua a cercare. Combattendo contro le mille ipotesi che si accavallano in testa, le paure di ritrovarsi di fronte alla tragedia, quelle di continuare a vivere in una sorta di limbo. Il limbo dei familiari delle persone scomparse.
Qualcosa come 1.576 persone solo in Veneto, dal 1974 al giugno 2018, secondo i dati ricordati dall’associazione Penelope che ieri è scesa in piazza a Roma, a Montecitorio, per chiedere alle istituzioni «verità e giustizia». Un sit-in di fronte alla Camera per ricordare le battaglie dell’associazione (la Legge 203 del 2012 in materia di scomparsi che impone l’avvio immediato delle indagini a seguito della denuncia) e lanciare nuove proposte volte a snellire la burocrazia che rende ancora più pesante il dramma. «Vorremmo dimezzare i tempi della dichiarazione di morte presunta, attualmente fissata a 10 anni dal momento della denuncia di scomparsa - spiegano dall’associazione presieduta dall’avvocato Antonio Maria La Scala -. Ma si pensi anche a rendere più semplice il raffronto del Dna tra i parenti degli scomparsi e i resti cadaverici ritrovati».
Perché, per rimanere sempre in Veneto, in questi 44 anni sono ancora 58 i cadaveri non identificati secondo i dati estrapolati dall’ufficio del Commissario Straordinario per le Persone Scomparse, figura nominata nel 2007 grazie proprio all’impegno di Penelope che parallelamente alla comparazione tra i cadaveri non identificati e i familiari, sta facendo richiesta ai Comuni eventuali elenchi di persone già sepolte ma non identificate al fine di poterne richiedere un’eventuale riesumazione per la comparazione del Dna. «La scomparsa non è mai volontaria - puntualizza la vice presidente regionale Stefania Bonduan -, dietro ogni episodio si nasconde un disagio. E per i familiari inizia un cammino tra flebili speranze, dubbi e attese snervanti». E la burocrazia, implacabile. Perché lo scomparso, per la legge, è un fantasma che continua comunque ad avere oneri e onori. Si pensi al caso di un mutuo cointestato, a un’abitazione da mettere in vendita senza poter avere il consenso di chi ha firmato il
” Bonduan Sparire non è mai frutto di volontà, le famiglie cadono in un vortice di speranze
Bruzzone Le indagini siano condotte da specialisti che sappiano scoprire chi mente per calcolo
rogito. «Senza la dichiarazione di mio padre, abbiamo avuto molte difficoltà per poter tumulare le ceneri di nostra madre nella tomba di famiglia» ricorda Bonduan.
In Italia, dal 1974, sono 55.949 gli scomparsi di cui 2.385 minori e 3.288 donne; senza dimenticare gli 883 cadaveri che attendono ancora di avere un nome. O quegli allontanamenti che potrebbero essere il frutto di un incidente, come nel caso di Giocondo Ghirardo, il 79enne di Vittorio Veneto scomparso l’8 giugno scorso nel Bellunese, dove si era recato a caccia di lumache. La sua auto è stata trovata ma dell’uomo, malgrado l’impie-
go di cani molecolari e droni, nessuna traccia. L’uomo è caduto nel Piave? Ha accusato un malore fra la vegetazione o si è perso? «È come se fosse sparito nel nulla», ammette Alex Barattin, delegato della Seconda Zona Dolomiti Bellunesi del Soccorso Alpino. «Abbiamo fatto di tutto, operando anche in zone impervie: purtroppo non sempre si riesce ad individuare un corpo occultato». Solo nel Bellunese sono cinque, negli ultimi anni, i casi irrisolti. «Con l’imminente pericolo di vita operiamo giorno e notte in qualunque condizione meteo. E in presenza di elementi oggettivi saremmo pronti a tornare in azione».
Mistero su mistero quindi. «Ma, incidenti a parte, non esiste un profilo omogeneo di chi sparisce nel nulla. Ci sono malati di Alzheimer che perdono l’orientamento, il ragazzo che decide intenzionalmente di abbandonare gli affetti. La maggior parte delle volte si tratta di libero arbitrio a fronte di una situazione di disagio» spiega Paolo Crepet, psichiatra, sociologo e scrittore che ha assistito molti familiari di scomparsi. «I veri “missing” sono mossi da eventi apparentemente misteriosi che poi di misterioso hanno ben poco. E chi ha subito un allontanamento, spesso, ne è consapevole».
Diversa l’opinione di Roberta Bruzzone, fra i più esperti e noti criminologi italiani. «In tre quarti dei casi afferma - siamo in presenza di atti criminosi. Prendiamo Marianna Cendron, la 18enne sparita dal Trevigiano nel febbraio del 2013: a mio avviso non è stato un allontanamento spontaneo, sebbene il gip abbia archiviato l’inchiesta».
Su vicende del genere, secondo Bruzzone, peserebbe anche il ruolo di chi indaga. «Servono squadre investigative preparate, specialisti che sappiano individuare, per esempio, le menzogne di chi viene interrogato. È uno dei motivi per i quali suggerisco sempre di rivolgersi a quei team privati che hanno sviluppato una particolare competenza sul fenomeno».