Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Giorgetti: l’autonomia porta tasse
Il sottosegretario: «L’avrete ma pagherete qualcosa in più». Stefani: «Il governo si muova»
Il sottosegretario Giorgetti spiazza il Veneto e, ai microfoni di Radio 24 dice: «I lombardi e i veneti devono essere consapevoli che sta a loro procacciarsi i finanziamenti per l’autonomia che, sì, daremo ma ci si deve preparare a pagare un po’ più di tasse». Parole come macigni nei giorni dell’attesa per il passaggio cruciale dell’autonomia veneta in consiglio dei ministri. E ieri il ministro per le Autonomie Stefani ha detto: è tempo di firmare.
Ai veneti sintonizzati venerdì pomeriggio su Radio 24 mentre andava in onda La versione di Oscar, trasmissione di Oscar Giannino, deve essere andato di traverso l’aperitivo. La puntata dedicata al tema dell’autonomia, infatti, si apriva con un commento registrato del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, il leghista Giancarlo Giorgetti che diceva, testualmente: «Devono essere consapevoli della necessità di procacciarsi da soli i fondi per finanziarsi questa spesa (l’autonomia ndr). Noi daremo loro questa disponibilità, daremo l’autonomia ma i lombarde e i veneti devono sapere che pagheranno qualcosina in più di tasse per questa bellissima avventura».
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Giorgetti
I lombardi e i veneti devono procacciarsi da soli i soldi per questa bellissima avventura
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Bertolissi
La spesa storica è un buon punto di partenza ma il principio di solidarietà non può essere alibi
In pratica, una bomba deflagrata ai microfoni dell’implacabile Giannino. A mitigare l’esplosione, subito dopo, la chiarificazione affidata a un altro uomo-chiave dell’autonomia veneta, il costituzionalista Mario Bertolissi. «Giorgetti intendeva che il governo centrale non concederà finanziamenti “aggiuntivi” rispetto ai trasferimenti statali legati alle competenze richieste che sono 23». Poche parole per stemperare la tensione creata da quel «più tasse» che suona quasi blasfemo nel Veneto di Zaia. Il governatore, infatti, rammenta con orgoglio a ogni pie’ sospinto l’assenza dell’addizionale regionale. Parole che pesano soprattutto alla vigilia della firma, più volte annunciata, della bozza di autonomia veneta consegnata dal ministro Erika Stefani al premier Giuseppe Conte a inizio ottobre. Ferma, però, nel limbo dei «dubbi di alcuni ministeri pentastellati» secondo la versione ufficiale, vittima anche di fuoco amico all’interno del Carroccio secondo il M5S veneto.
Più di qualcuno, a Roma, giura che non sono promesse da marinaio, la sospirata discussione dell’autonomia veneta dovrebbe finire nell’ordine del giorno di un consiglio dei ministri entro la prossima settimana. Per ora, per dirla con Bertolissi «non si è visto ancora niente». Eppure, Stefani, nella sua Vicenza, ieri mattina, tornando sul tema che la tormenta e su cui è interrogata ormai quotidianamente dalla stampa, ha scelto toni più perentori del solito. «Il governo deve dare risposta al referendum dei veneti sull’autonomia, che è espressione di un volere popolare fortissimo» ha scandito il ministro. Stefani ricorda di aver preparato «una bozza di intesa consegnata già il 2 ottobre a Conte». Cosa manca? Una firma. «Vi era la necessità che alcuni ministeri del M5s sciogliessero le loro perplessità - continua Stefani - e io chiedo fortemente si faccia in tempi brevissimi». Non manca una stoccata all’alleato di governo: «Tra l’altro, - sottolinea il ministro - molti esponenti del Movimento 5 Stelle veneto sostengono, caldeggiano, insistono affinché si proceda sull’autonomia, lo stesso ministro Luigi Di Maio in visita in Veneto ha parlato del dossier che sarà sul tavolo del consiglio dei ministri entro dicembre». Ma i tempi? «Ormai di scadenze non me ne do più conclude comunque battagliera Erika Stefani - è un tema decisamente complesso. Il lavoro l’abbiamo fatto. Basta firmare l’intesa». Se non è un ultimatum, per quanto garbato, poco ci manca.
Che poi, il merito della questione sia tutt’altro che semplice è un dato di fatto. Le «resistenze» di una parte del governo ruotano intorno ai nodi più critici delle 23 materie chieste dal Veneto. Si va dai contratti collettivi regionali per insegnanti, medici e personale al superamento del parere vincolante delle Sovrintendenze fino a una propria classificazione dei rifiuti speciali. La lista delle questioni sensibili nella richiesta veneta è lunga: totale autonomia delle università (programmi inclusi) della rete autostradale da «regionalizzare» (anche se non è ben chiaro in che termini) per non parlare dell’autorità portuale che diventerebbe a gestione regionale o della «regionalizzazione del gettito dell’accisa sul gas naturale rigassificato sul territorio». Sul tavolo, last but not least, resta la faccenda dei nove decimi di tasse da trattenere in regione, il punto ovviamente più discusso. Appare pacifico che si partirebbe dalla spesa storica che pure, conclude Bertolissi, «sarebbe un ottimo inizio. È l’occasione per mettere ordine nelle contraddizioni insanabili che hanno accompagnato le Regioni dal 1970 a oggi. Il principio di solidarietà è sacrosanto ma è evidente ormai che ha effetti insostenibili per la Repubblica. La solidarietà senza responsabilità è l’involuzione dello stato sociale che diventa stato assistenziale».