Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
«Respinte da 23 ospedali impossibile abortire» Non era vero, indagate
Aveva detto di essersi rivolta a ben 23 ospedali prima di riuscire a trovare un medico che acconsentisse a farla abortire. E aveva detto che se ciò era potuto avvenire era stato solo per l’intervento della Cgil. Un’intervista pubblicata dal Gazzettino nel marzo del 2017, che aveva fatto scalpore e riaperto il feroce dibattito sulla legge 194, quella che dal 1978 regola l’«interruzione volontaria della gravidanza», e sui medici obiettori. Ora però, secondo la procura di Venezia, la sindacalista padovana Paola Fulgenzi e la donna che aveva raccontato la sua storia dovranno rispondere del reato di diffamazione a mezzo stampa. Il pm Raffaele Incardona ha infatti concluso le indagini nei giorni scorsi e contesta alle due donne – è scritto nel capo d’imputazione – di aver «accusato falsamente» il servizio sanitario regionale di non averle consentito di interrompere volontariamente la gravidanza, se non dopo l’intervento risolutore della Cgil. Il magistrato scrive infatti che dalle indagini della procura padovana, che infatti aveva poi subito disposto l’archiviazione, era emerso che l’aborto era avvenuto «nei tempi previsti dalla legge» e «senza alcuna violazione dei diritti dell’utente».
«La notizia era falsa e il comportamento tenuto è stato particolarmente grave, perché a seguito della diffusione mediatica è stato anche iscritto un procedimento penale per valutare la correttezza dell’operato delle strutture sanitarie coinvolte», sottolinea la Regione Veneto in una nota, anticipando che si costituirà parte civile nell’ambito del procedimento penale per chiedere il risarcimento del grave danno d’immagine subito. «Mi pare che ci sia stato un enorme fraintendimento replica invece l’avvocato Lucia Rupolo, che difende Fungenzi - Non è mai stato detto che ci sia stata una violazione dei tempi previsti, ma si è solo evidenziata una difficoltà dovuta a tante circostanze, in primis per il gran numero di obiettori. Per questo riteniamo che non ci sia alcun profilo di responsabilità penale». «Era stata una denuncia “politica”, non certo penale, e non si è mai parlato di interruzione di pubblico servizio - sottolinea la segretaria regionale dello Spi-cgil Elena Di Gregorio, che aveva seguito la vicenda - Anche perché bisogna ricordare che chi si trova di fronte queste difficoltà è una persona in uno stato d’animo spesso molto prostrato».
Proprio per questo la vicenda rischia di avere un’ulteriore coda giudiziaria, come annuncia la Cgil di Padova. La Regione infatti nel comunicato stampa ha pubblicato i nomi di entrambe le indagate, compresa la donna che si è sottoposta all’aborto. «Si tratta di dati sensibili tutelati dalla legge sulla privacy e di una vicenda strettamente personale - dice il sindacato - la cui diffusione comporta un gravissimo danno, il cui ristoro verrà richiesto alle competenti sedi giudiziarie». (a. zo.)