Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Fusioni, 26 Comuni al voto oggi alle urne in 5 province
Interessate 5 province, urne aperte solo oggi
Dopo i radi esperimenti degli ultimi vent’anni, il 2018 è l’anno dell’exploit sulle fusioni di Comuni in Veneto. Si vota per i referendum in 26 comuni di 5 province solo oggi. Le urne saranno aperte dalle 7 alle 23. Potrebbero nascere 10 nuovi municipi.
Sale la «febbre da fusione». Grappoli di piccoli Comuni, quelli sotto i cinquemila abitanti per intenderci, ma non solo, imboccano la via delle fusioni. E oggi ventisei Comuni vanno alle urne per il referendum che deciderà chi si fonderà e chi no. Si tratta della tornata referendaria più consistente dal 1995, periodo in cui sono già stati soppressi 20 comuni veneti (l’85% del quali con meno di 5 mila abitanti) che si sono fusi in nove (per i due terzi con più di 5 mila abitanti). Quelli al voto oggi sono Comuni di cinque diverse province: Rovigo, Vicenza, Belluno, Treviso e Padova. Il referendum riguarda il futuro di quasi 83 mila abitanti di cui 77.464 elettori. Obiettivo: 10 nuovi comuni. La parte del leone la fa Vicenza. Nella provincia berica sono ben cinque le proposte referendarie di fusione: Mason Vicentino e Molvena che dovrebbero diventare il comune di Colceresa; Carrè e Chiuppano (Colbregonza); Conco e Lusiana (Lusiana Conco); Longare, Castegnero e Nanto (Pieve dei Berici). E, infine, si va verso il nuovo Comune di Valbrenta incorporerebbe ben cinque municipi: Cismon del Grappa, Valstagna, San Nazario, Campolongo sul Brenta e Solagna, praticamente mezza Valsugana. Se dovessero andare tutte in porto, la stima complessiva parla di 60 milioni di fondi in dieci anni. E potrebbero bastare a vincere gli scettici che temono una «perdita d’identità». Il tema dei fondi, ovviamente, fa gola. Quest’anno sono già stati istituiti due nuovi Comuni da fusione: Barbarano Mossano (Vicenza) che ha ottenuto 479 mila di contributo straordinario e Borgo Veneto (Padova) che è arrivato a sfiorare i 600 mila euro. A Rovigo Frassinella Polesine punta a una sorta di annessione di Polesella visto che il nome collettivo sarà il primo, Frassinella Polesine, appunto. Nel Padovano gli snodi sono due: Cartura, Conselve e Terrassa Padovana (Terre Conselvane) mentre Castelbaldo e Masi potrebbero diventare Fortezza d’adige. A Belluno veleggiano verso la fusione Mel, Lentiai e Trichiana (Borgo Valbelluna) e, infine, nella Marca votano Crespano del Grappa e Paderno del Grappa che avrebbero voluto chiamare l’eventuale nuovo municipio «Montegrappa», ipotesi sfumata nel percorso di avvicinamento al referendum in sede di consiglio regionale: il rischio di confusione con «il» Montegrappa era troppo alto, così si è ripiegato su «Pieve del Grappa». Se vincessero i sì per i 10 Comuni, il numero dei municipi veneti passerebbe da 571 a 555. Il processo di fusione è seguito dalla Regione che offre supporto soprattutto alle realtà comunali al di sotto dei 5 mila abitanti (che poi sono il 45% dei Comuni veneti.
Il vicepresidente della Regione, Gianluca Forcolin ha garantito ai sindaci continuità degli incentivi amministrativi ed economici nel bilancio regionale e affiancamento della Regione in tutte le fasi anche quelle successive ai referendum. Non è previsto nessun quorum: la fusione sarà approvata con una maggioranza di sì. Se vincerà il sì, entro febbraio sarà approvata dal Consiglio regionale una legge per l’istituzione di ciascun nuovo Comune. I Prefetti nomineranno i commissari per la gestione dei comuni soppressi fino alle elezioni che daranno vita alle nuove amministrazioni. Per i nuovi Comuni ci sono contributi statali e regionali ma anche l’esclusione dal vincolo per le assunzioni di personale a tempo indeterminato. «I Comuni dal 2011 - spiega il capogruppo della Lega in Regione Nicola Finco - hanno avuto taglio dei trasferimenti del 58% quindi le piccole realtà, ad esempio montane, non ce la fanno. Abbiamo comuni con il sindaco, un ragioniere e un geometra. Non ha senso anche per la qualità dei servizi erogati e per poter concorrere ai bandi che premiano ormai tutti la programmazione comune. Certo, poi ci sono i contributi, ma le fusioni non possono essere solo questo, serve soprattutto un salto culturale e lo stiamo facendo».