Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
NATALITÀ, UN NUOVO TREND
«La grande proletaria si è mossa. Prima ella mandava altrove i suoi lavoratori che in patria erano troppi e dovevano lavorare per troppo poco». Così esclamava Giovanni Pascoli nel 1911, in occasione della campagna di Libia. L’immagine era valida ed efficace per l’italia e soprattutto per il Veneto, che era davvero proletario nel duplice senso per così dire demografico ed economico. Infatti, a quel tempo il Veneto si stava già svenando: tra il 1871 ed il 1881 aveva perso 70 mila abitanti, mentre nel ventennio successivo ne perde addirittura 460 mila, guadagnando la poco invidiabile posizione di prima regione italiana per emorragia migratoria (perfino la Sicilia ci seguiva).
Il discorso sembra ripetersi anche nel secondo dopoguerra, quando al censimento del 1961 la popolazione veneta appare – nonostante la robusta natalità di quegli anni incredibilmente ridotta rispetto al 1951. Ma sono solo gli ultimi fuochi: in realtà la demografia si stava adattando ad un Veneto in piena metamorfosi: con i primi anni settanta si chiude finalmente il secolare rubinetto delle emigrazioni ed il comportamento riproduttivo delle coppie si modernizza passando dai cinque figli per donna del 1921 ai 2,5 del 1951. Gli spensierati anni ottanta fanno da discrimine ed anche il Veneto – fino ad allora demograficamente generoso – entra in affanno natalistico.
Grosso modo dai prolifici anni sessanta al Duemila è come se il Veneto perdesse mediamente un figlio per donna. E poi c’è la crisi dei primi anni Duemila, che spegne ulteriormente la fiammella delle nascite: che guarda caso dal 2009 si presenteranno sempre con il segno meno. Anno dopo anno, difficoltà dopo difficoltà, la cicogna riduce i suoi giri e le sue consegne.
Arriviamo all’oggi: pochissimi giorni fa l’istat ci ha detto che nel 2018 le nascite in Italia hanno toccato un nuovo minimo storico (ormai procediamo per minimi) tanto è vero che negli ultimi dieci anni i nati sono calati del 22 per cento. Con conseguente contrazione della popolazione. Evidentemente per le giovani coppie la ripresa post-crisi, in termini di nuove vite, non si sente o non è ritenuta credibile.
Tuttavia, osserva l’istat, qualche (debole) luce c’è: quattro regioni – Trentino, Emilia, Lombardia, Veneto – presentano una certa
crescita della popolazione, specie a Bolzano. Il Veneto arresta il suo desolante depopolamento e cresce nell’anno di circa cinquemila abitanti, cifra minuscola ma simbolicamente significativa. Non solo: è nelle regioni del Nord che la fecondità (il numero di nati per donna) appare maggiore, sempre con la preminenza di Bolzano. E se facciamo un confronto tra i primi nove mesi del 2018 (finora calcolati dall’istat) ed i primi nove mesi dell’anno prima le nascite in Veneto presentano un incremento di circa duemila unità. Vale la pena di ripetere: cifra minuscola ma simbolicamente significativa, oltre che rincuorante. Si può ipotizzare che dietro questo pur contenuto volo aggiuntivo di cicogna giochi in Veneto il ruolo dell’immigrazione, che si rivolge alle regioni del Nord (ancora una volta con Bolzano leader). Ma si può anche legittimamente sperare che dietro la crescita delle nascite faccia pendant con la crescita di condizioni lavorative ed economiche migliori, magari accompagnate – il che non guasta mai – da dosi maggiori di speranza e di fiducia.
Non siamo di fronte ad un destino ineluttabile. Il numero medio di figli per donna in provincia di Bolzano ha registrato una tendenza opposta a quella dell’italia, crescendo nonostante la crisi ed arrivando a oltre 1,7 figli. La ricetta è nota. L’attenzione verso le nuove generazioni e le politiche familiari diventano una priorità con impegno al continuo miglioramento. La cultura della conciliazione tra lavoro e famiglia è consolidata nelle aziende come valore condiviso, comprese le piccole imprese alle quali è fornito supporto qualificato per sperimentare soluzioni specifiche e innovative. L’offerta dei servizi per l’infanzia è versatile e diversificata, stimolando anche l’iniziativa privata, ma con garanzia di qualità certificata dal pubblico. Una conferma arriva dal «Mother’s Index» elaborato per Save the Children (comprendente le dimensioni della cura, del lavoro e dei servizi) che vede il Trentino-alto Adige al vertice delle regioni italiane. Il Veneto si posiziona al nono posto: non è poco, non è nemmeno molto. Occorre migliorare: le culle si possono ancora riempire. Sta già succedendo.