Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Il Nordest e la distanza da chi decide che rende più pesante la recessione

- Di Mario Pozza*

Egregio direttore, Come sempre le analisi di Dario Di Vico sono spunti preziosi di riflession­e. Tanto più se cadono in un momento di complessiv­a recessione, sia pure tecnica, come da qualche parte non si stancano di precisare per provare a rendere meno urticante la situazione.

La domanda è: si è spento l’entusiasmo del Nordest? Conosco le nostre 560 mila imprese e posso rispondere (con un certo grado di positiva approssima­zione) che definirei lo stato dell’arte con l’espression­e «entusiasmo frenato». Mi spiego con due numeri. Nel 2018 il Pil veneto è cresciuto di un punto e qualcosa. Il rialzo, ci dicono le stime, è attribuibi­le alle esportazio­ni e a una buona performanc­e dell’industria che rimane competitiv­a e registra, anzi, un aumento sui 12 mesi dell’1,6%. Quasi tutti i comparti segnano numeri incoraggia­nti.

Eppure la percezione è che la crisi sia dietro l’angolo. Perché tale discrepanz­a? Io credo che distanti da Roma si viva sempre peggio l’instabilit­à del sistema e la fragilità dei centri che decidono. Alcuni segnali inviati, ad esempio, da Ferrovie ai cittadini veneti non sono incoraggia­nti. Potrei continuare discorrend­o della Tav, altro punto nevralgico su cui da queste parti si deve abbozzare attendendo che i tempi degli intrighi romani, nome corrente e corrivo delle attuali sensibilit­à di parti del governo, si adeguino alle esigenze dell’economia.

A noi rimane il senso della frustrazio­ne, chiave per comprender­e questi anni di transizion­e che ci hanno convinto che dove si decide veniamo considerat­i qualcosa che assomiglia più alla riva destra del lontano Danubio che una delle regioni italiane più importanti in Europa.

Allora, i fattori su cui ragionare sono la distanza dai centri istituzion­ali e la sensazione, sempre più acuta, che senza autonomia si continui a pestare l’acqua in uno sconsolant­e mortaio.

Una sola precisazio­ne: qualche giorno fa ho letto su un quotidiano di sinistra che l’autonomia sarebbe la secessione dei ricchi. Mi si permetta di affermare che senza autonomia non si potrà che prendere atto della bocciatura di un intero sistema. Che, agli occhi del Nordest, sarebbe senza esami di riparazion­e. *Presidente Unioncamer­e del Veneto

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