Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Il Nordest e la distanza da chi decide che rende più pesante la recessione
Egregio direttore, Come sempre le analisi di Dario Di Vico sono spunti preziosi di riflessione. Tanto più se cadono in un momento di complessiva recessione, sia pure tecnica, come da qualche parte non si stancano di precisare per provare a rendere meno urticante la situazione.
La domanda è: si è spento l’entusiasmo del Nordest? Conosco le nostre 560 mila imprese e posso rispondere (con un certo grado di positiva approssimazione) che definirei lo stato dell’arte con l’espressione «entusiasmo frenato». Mi spiego con due numeri. Nel 2018 il Pil veneto è cresciuto di un punto e qualcosa. Il rialzo, ci dicono le stime, è attribuibile alle esportazioni e a una buona performance dell’industria che rimane competitiva e registra, anzi, un aumento sui 12 mesi dell’1,6%. Quasi tutti i comparti segnano numeri incoraggianti.
Eppure la percezione è che la crisi sia dietro l’angolo. Perché tale discrepanza? Io credo che distanti da Roma si viva sempre peggio l’instabilità del sistema e la fragilità dei centri che decidono. Alcuni segnali inviati, ad esempio, da Ferrovie ai cittadini veneti non sono incoraggianti. Potrei continuare discorrendo della Tav, altro punto nevralgico su cui da queste parti si deve abbozzare attendendo che i tempi degli intrighi romani, nome corrente e corrivo delle attuali sensibilità di parti del governo, si adeguino alle esigenze dell’economia.
A noi rimane il senso della frustrazione, chiave per comprendere questi anni di transizione che ci hanno convinto che dove si decide veniamo considerati qualcosa che assomiglia più alla riva destra del lontano Danubio che una delle regioni italiane più importanti in Europa.
Allora, i fattori su cui ragionare sono la distanza dai centri istituzionali e la sensazione, sempre più acuta, che senza autonomia si continui a pestare l’acqua in uno sconsolante mortaio.
Una sola precisazione: qualche giorno fa ho letto su un quotidiano di sinistra che l’autonomia sarebbe la secessione dei ricchi. Mi si permetta di affermare che senza autonomia non si potrà che prendere atto della bocciatura di un intero sistema. Che, agli occhi del Nordest, sarebbe senza esami di riparazione. *Presidente Unioncamere del Veneto