Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Commissioni e Camere l’iter del provvedimento
anche il rebus del coinvolgimento del parlamento che, stando alla lettera dell’articolo 116, deve approvare il disegno di legge contenente l’intesa a maggioranza assoluta dei suoi componenti. Ma «è impensabile che le Camere siano chiamate a pronunciarsi su un testo immodificabile, prendere o lasciare» dice Sandro De Nardi, professore in Istituzioni di diritto pubblico dell’università di Padova e componente della delegazione trattante nominata a suo tempo dall’ex sottosegretario agli Affari regionali Bressa, «questo sia per la centralità che il parlamento ha nel nostro ordinamento, sia perché proprio al parlamento, nell’ambito del processo di devoluzione, viene chiesto di spogliarsi di parte della sua potestà legislativa a favore del consiglio regionale».
La questione è controversa, perché quando nel 2001 fu riformato il Titolo V della Costituzione non fu chiarito nel dettaglio l’iter da seguire per dare attuazione all’articolo 116: si tratta di stabilire un percorso completamente nuovo. I giuristi guardano con favore al modello delle intese con le confessioni religiose, che hanno una prassi consolidata che però non prevede la possibilità per il parlamento di modificare il testo una volta che questo è stato firmato.
«La soluzione potrebbe essere quella di coinvolgere Camera e Senato prima della firma dell’intesa, così che governo e Regione possano poi recepirne le aspettative, ricalibrando il testo - spiega De Nardi -. Il confronto potrebbe svolgersi nella Commissione per l’attuazione del federalismo fiscale o nella Commissione per le questioni regionali, che hanno natura bicamerale, oppure nelle Commissioni Affari costituzionali di Camera e Senato». Il parlamento avrebbe così voce
in capitolo, ma non potestà di apportare modifiche sostanziali. Un percorso che ridurrebbe pure il rischio di ricorsi alla Consulta da parte dei singoli parlamentari, che viceversa potrebbero lamentare la lesione delle loro prerogative
In questa fase, prosegue il costituzionalista del Bo, «occorre gettare ponti più che costruire barricate» anche perché i numeri a Roma non lasciano ben presagire: i deputati del Centro-sud, a Montecitorio, sono 347, ben 32 in più della fatidica soglia della maggioranza assoluta pretesa dall’articolo 116. «Se si segue questa strada la meta si fa più difficile e i tempi si allungano - ammette De Nardi ma alla fine si avrebbe la certezza di un testo inattaccabile, gradito alle Camere e approvato con un procedimento che lo collocherebbe a metà tra la legge ordinaria e quella costituzionale».
Infine, non va trascurato il ruolo del Presidente della Repubblica: «È certo che eserciterà fino in fondo le sue prerogative, non solo quando si tratterà di promulgare la legge ma anche prima, quando governo e Regione gli chiederanno l’autorizzazione per presentare di comune iniziativa la legge in parlamento».