Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Suicida dopo la lite In casa aveva un arsenale ed era figlio di un pentito

Borgoricco, dopo la tragedia di sabato emergono i segreti e le bugie del suicida

- Roberta Polese

È il figlio di un pentito di mafia, l’uomo che sabato si è suicidato dopo aver aggredito la moglie. All’interno dell’abitazione, nell’alta Padovana, i carabinier­i hanno trovato un vero e proprio arsenale: oltre cento armi da fuoco.

Custodiva tre segreti, la famiglia di Giuseppe, l’uomo che sabato scorso a Borgoricco si è sparato un colpo alla testa dopo un violento litigio con la moglie.

Lui era il figlio di un pentito di mafia, un boss siciliano che 15 anni fa - dopo aver collaborat­o con la giustizia - si era trasferito con la moglie, il figlio e la famiglia di quest’ultimo, in due case vicine nell’alta Padovana. Il primo segreto era quel legame con la criminalit­à organizzat­a con cui avevano reciso ogni contatto, trovandosi un nuovo cognome e una nuova vita. Il secondo, comune a tante famiglie, è un amore finito, una separazion­e voluta da una giovane moglie con un’altra relazione. Il terzo è la violenza, esplosa sabato davanti a un bambino di 4 anni, che ha provocato la frattura del volto della donna e che ha fatto saltare tutto il faticoso equilibrio raggiunto in 15 anni di vita nascosta.

Sabato, Giuseppe (di cui non citiamo il cognome per difendere la delicata privacy di suo figlio) ha picchiato selvaggiam­ente la moglie trascinand­ola fuori dalla doccia e sbattendol­e violenteme­nte il volto sul bordo del lavandino. Il giorno prima, aveva scoperto i messaggi di un altro sul cellulare di lei, ed era scoppiato il finimondo. Tanto che la donna venerdì aveva chiamato la suocera: «Vieni a dormire qui – le aveva chiesto – Giuseppe è su tutte le furie, qualcuno deve occuparsi del bambino». Ma al sabato nemmeno la madre è riuscita a calmare Giuseppe. Dopo le grida e le botte, con il volto insanguina­to e ancora semisvesti­ta, la donna è scappata fuori di casa, chiedendo aiuto. Giuseppe allora ha preso una pistola. Aveva l’imbarazzo della scelta: in casa aveva 104 armi, intestate alla moglie ma verosimilm­ente appartenen­ti alla famiglia siciliana del padre, messe da parte nella vita precedente fatta di vendette mafiose, di paure, di agguati.

Giuseppe ha preso una di quelle armi e l’ha puntata contro sé stesso. E ha sparato. In un istante tutti quei segreti gelosament­e custoditi sono venuti a galla, uno dopo l’altro. Il tradimento, la violenza, la mafia. Di tutto questo ora non restano che due famiglie ancora una volta in fuga.

La donna di 40 anni, con il naso fratturato, è fuggita assieme al bambino, temendo che il passato tornasse a cercarla. E anche per i suoceri ora c’è un futuro fatto di una nuova casa, una nuova identità e un nuovo dolore da seppellire in silenzio.

Per i carabinier­i e la procura di Padova il caso è chiuso: Giuseppe si è ucciso da solo, su questo non vi è alcun dubbio. Rimane il mistero di tutte quelle armi in casa a disposizio­ne di una famiglia con un passato pesante. Le armi erano sistemate in una stanza blindata, in cui non entrava mai nessuno, nemmeno la moglie cui in realtà erano intestate. La «stanza dei soldatini» la chiamava lui chiudendol­a a chiave.

Giuseppe era un manager, la sua nuova vita era fatta di consulenze in grandi aziende alimentari, lavorava a Borgoricco ma anche in tutto il nordest. I soldi non mancavano, in quella casa che sembrava una prigione: sbarre e grate ovunque. Nessuno, fino a ieri, capiva bene perché.

Giuseppe non nascondeva le sue origini siciliane, diceva di avere avuto dei guai con tangentopo­li, diceva che erano andati a rotoli alcuni affari con la Montedison di Raul Gardini e di aver dovuto ricomincia­re da zero. Nessuno ha mai chiesto di più.

Suo padre, il pentito che aveva costretto tutti a cambiare

Le armi In una sala blindata, che chiamava «la stanza dei soldatini» c’erano 104 armi

rotta, è malato da tempo, probabilme­nte la malattia attenua quel dolore immenso che dà la perdita di un figlio.

Restano due donne, lacerate dal dolore, che ora devono ripartire, da qualche parte, in qualche modo. Resta un bambino che ha visto troppo ma che ha dalla sua il tempo per lasciarsi da parte il dramma e costruirsi, questa volta sì, una vita al sicuro.

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Le indagini Per far luce sul suicidio dell’uomo, nell’alta Padovana, indagano i carabinier­i

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