Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Cogemantovani, i dubbi della proposta d’acquisto
La proposta di acquisto è stata annunciata, ma pare che ieri sera non fosse ancora arrivata ufficialmente. E comunque, «giallo» a parte, ci vorranno un paio di mesi per capire se il matrimonio definitivo tra Coge e Mantovani si farà. L’azienda lombarda, che la scorsa estate aveva preso in affitto il ramo d’azienda della storica impresa veneta, avrebbe deciso di accelerare e chiudere l’operazione ben prima dei cinque anni previsti da quel contratto. Ma i lavoratori non si fidano: anche ieri mattina una cinquantina di loro hanno incrociato le braccia e protestato al terminal di Fusina, unico cantiere in corso della società per il raddoppio delle banchine, lamentando che da dicembre gli stipendi non sono pagati.
Cogemantovani (questo il nome della newco nata un anno fa) avrebbe dovuto formalizzare la proposta ieri contestualmente ai commissari Marcello Dalla Costa e Remo Davì e alla proprietà, cioè alla famiglia Chiarotto. Uno scatto in avanti su cui i sindacati si interrogano: perché una società che non è stata in grado di pagare gli stipendi (tra l’altro nel frattempo i dipendenti sono calati da 116 a 85, tra pochi pensionamenti e tanti che hanno preferito contesti più certi) ora punta a un investimento ancora maggiore? La risposta pare soprattutto in due punti: il valore delle Soa di Mantovani (le qualificazioni che consentono di partecipare alle gare) e il timore di perdere quanto investito finora. La società di Manuela Ferrari si è infatti trovata un inconveniente che ha radicalmente modificato le condizioni di partenza, ovvero la «cacciata» di Mantovani dal Mose per mano dei commissari del Consorzio Venezia Nuova. E questo avrebbe danneggiato l’immagine all’estero, oltre ai mancati lavori.
Quanto agli stipendi, Cogemantovani fa sapere che a fine mese dovrebbero entrare 3 milioni di euro per le fatture dell’ospedale di Mestre e del centro protonico di Trento, che basteranno ampiamente a saldare i 750 mila euro di tre mesi di stipendio e della tredicesima: l’impegno è di farlo entro il 10 marzo. «Abbiamo chiesto un incontro alla Regione perché non riusciamo a fidarci - dice però Gino Gregnanin (Feneal Uil) - La nostra paura è che stiano cercando di recuperare dei soldi per investirli in altro e non per pagare i dipendenti». «Non rispettano gli accordi perché già il 12 gennaio dovevano darci una risposta economica - aggiungono Francesco Andrisani (Fillea Cgil) e Andrea Grazioso (Filca Cisl) - Dicono di avere ancora appeal all’estero, ma di commesse non se ne vedono». (a. zo. – si. mo.)