Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
LA PAURA CI AIUTA A CAMBIARE
«Iwant you to panic», voglio che siate presi dal panico, diceva uno dei cartelli visti nella grande manifestazione studentesca dell’altro giorno nelle piazze venete e di tutto il mondo.
Effetto social, effetto dimensione globale del problema ambientale. La studentessa sedicenne Greta Thunberg, già proposta per il Nobel per la pace, è riuscita a smuovere nello stesso giorno manifestazioni di studenti in tutto il pianeta, dimostrando che le piazze di oggi non sono solo nazionaliste e violente.
Greta ha detto che non vuole usare il lessico della speranza rivolgendosi ai politici sui temi del cambiamento climatico: vuole che sentano il panico, la paura o anche il terrore pensando al futuro della terra. Niente di misterioso: la paura, come sempre, ha la funzione adattiva di segnalare un pericolo e va ascoltata. Segnalando un pericolo, la paura ci fornisce importanti informazioni sul mondo: non è solo un elemento irrazionale. E naturalmente sono le nuove generazioni in primo luogo ad avvertirlo di più: nella loro apparente svagatezza, nel loro supposto «nichilismo», reagiscono con angoscia ai discorsi sul loro futuro in pericolo. Milena Gabanelli sul Corriere della sera di lunedì scorso ha scritto che è stato calcolato che nel 2018 il primo di agosto è stato il giorno in cui abbiamo consumato tutte le risorse naturali che il pianeta è in grado di rigenerare in un anno. Un pianeta non basta, ne serve 1,7. «Non c’è un piane(ta) B» si leggeva l’altro ieri su un cartello. La speranza è spesso attendista, non produce il senso di ineluttabilità necessario perché i politici di tutto il mondo escano da beghe da bottega e si accordino su alcuni punti irrinunciabili, dall’accordo di Parigi in avanti. Per rendere evidenti i rischi incombenti, può essere necessaria un’emozione forte come la paura, che arrivi ai nostri politici. Per questo la manifestazione di oggi non può essere letta come una festa da buontemponi, ma neppure si può mostrare solo solidarietà a parole o rimanere incantati di fronte alla rinata protesta giovanile. Pensate, anche con terrore, sì, cari politici, che l’amatissimo sci, fonte di piacere per noi e di benessere per le valli alpine, può finire in pochi anni per mancanza di neve, che il vento potrà distruggere i boschi ogni anno di più, che i passi alpini puzzeranno di gas di scarico e il turismo montano non sarà più attrattivo. Pensate che molti di noi dovranno presto rinunciare ai voli aerei che tracciano scie sempre più numerose nei nostri cieli, e usare invece di più il treno meglio veloce? - almeno per spostarsi in Europa. Pensate a questo, ascoltate il grido festoso ma angosciato dei ragazzi e vi ritroverete a pensare che qualcosa di molto radicale va cambiato nel nostro modello di sviluppo.