Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
BANCHE, IL BISTURI CHE SERVE
Come volevasi dimostrare: abbreviato, C.V.D. Così ci avevano insegnato a scrivere a scuola, quando si trattava di svolgere un problema di algebra o di geometria. E proprio così – geometricamente, vorrei dire – siamo arrivati all’esito prevedibile, dopo tanto parlare di rimborsi a favore dei risparmiatori delle banche venete. Il Governo ha riconosciuto in questi giorni che i tanto attesi decreti attuativi saranno messi a punto soltanto con il placet della Commissione Europea. Tutt’a un tratto, sembra evaporata la sicurezza di tagliare all’ingrosso questioni che sono complicate e di buttare in faccia all’europa quello che con l’europa inevitabilmente deve essere condiviso. La tentazione di ridurre a radicale semplificazione un quadro giuridico complesso – come è complesso il disegno di portare nelle tasche dei risparmiatori lo stanziamento, finalmente significativo, messo a disposizione dall’ultima legge di bilancio – espone a rischi non di poco conto. Dal primo giorno in cui si è manifestata nella sua reale gravità la sciagura giuridico-finanziaria delle banche venete, è apparso chiaro che occorresse intervenire rapidamente, con un bisturi tenuto dalla mano sicura di uno staff di tecnici e con il supporto di una base politica che, almeno a livello locale, fosse la più ampia e coesa. Si può dire che nessuna di queste tre condizioni si sia verificata. Di tempo ne è passato e due governi si sono avvicendati.
Non è dato conoscere il metodo di lavoro di coloro che oggi hanno sul tavolo la questione: molto meglio se essa è ora in mano ai tecnici del ministero dell’economia, salvo che – ecco che qui viene in rilievo l’ultima delle tre condizioni - il rischio è che la distanza rispetto al territorio in cui quella sciagura si è verificata possa far perdere di vista qualcuno dei tanti problemi che solo il territorio avverte sulla propria pelle. In altri termini, di fronte a quello che è accaduto, la politica locale avrebbe dovuto muoversi con la compattezza e la determinazione che serve di fronte a una calamità naturale, a un terremoto: si identificano rapidamente le esigenze, si consultano i tecnici, si consegna al Governo una proposta e ci si batte per le risorse. Oggi, invece, ci troviamo nella paradossale situazione in cui le risorse sono stanziate, ma non si è in grado di delineare il percorso per distribuirle. Le coordinate fondamentali da tenere a mente sono state evidenziate innumerevoli volte: l’esigenza di allestire un meccanismo di accertamento assai semplificato per evitare il rischio di violare il divieto di aiuti di Stato; la necessità di intervenire a favore di coloro che sottoscrissero gli ultimi aumenti di capitale, ma anche dei vecchi soci a cui non fu mai consentita la possibilità di vendere le azioni (trattandosi di banche non quotate); il coordinamento tra l’intervento normativo che si intende realizzare e l’ormai lontana iniziativa di offerta pubblica di transazione. Accanto a ciò, una costellazione di tanti e più circoscritti problemi necessita di essere affrontata, minutamente elaborata e infine risolta. Non con l’ascia, però. Con il bisturi.