Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
VIA DELLA SETA DA PROTAGONISTI
Dov’è lo scandalo del Memorandum Italia-cina? Francia, Germania , Grecia, Belgio, Spagna hanno già aperto i loro porti agli investimenti cinesi.
Dopo aver firmato a Roma il memorandum Italia-cina sulla Via della Seta e, forse, pochi e modesti accordi applicativi, il presidente cinese Xi Jinping volerà in Francia. Il 24 marzo andrà a cena con Macron: con la Francia non firmerà aulici documenti di principio, ma concluderà un pacco di solidi accordi commerciali. Quello che la Germania sta già facendo da anni, anche gestendo con i cinesi le ferrovie e i terminali europei della «Belt», la Via della Seta terrestre della BRI (Belt & Road Initiative). D’altra parte, ancor prima che la BRI venisse lanciata - e per stare alle sole infrastrutture di trasporto - avevano già aperto le porte agli investitori cinesi il Belgio (porto di Anversa), la Grecia (porto del Pireo) e la Francia (porto di Marsiglia); seguiti, dopo il lancio della BRI e nel suo nome, dall’olanda (addirittura il porto di Rotterdam), la Spagna (porto di Bilbao e terminal ferroviari di Madrid e Saragozza) ancora il Belgio (porto di Zeebrugge) e (non fatelo sapere agli Usa...) persino l’italia con il porto di Vado (Savona)! Dunque, dove sta lo «scandalo» del Memorandum Italia-cina? Qual è il motivo della sottolineata opposizione allo stesso di Usa e Unione Europea? Opposizione, si badi, a un accordo che si sapeva in corso di trattativa fin dal maggio 2017, quando l’italia, «solo Paese membro del G7 », partecipò a Pechino con oltre un centinaio di altri Paesi al primo Forum mondiale sulla BRI? L’atteggiamento Usa ha poco a che vedere con il capitolo infrastrutturale della BRI; anzi, ha poco a che vedere con la BRI tout court. È solo una delle tante mosse della partita a scacchi - destinata a durare decenni - tra Usa e Cina per il primato globale economico, tecnologico e, sullo sfondo, militare. Una mossa che gli Usa trovano facile fare in Italia approfittando delle discordie governative e degli ossimori legastellati in politica estera: picchiarne uno (l’italia) per educarne cento (gli altri Paesi occidentali).
Diverso il caso dell’ue che, spaventata dalla iniziativa della «Via della Seta balcanica», con la quale la Cina dialoga sfrontatamente sotto il suo naso con 16 Paesi dell’europa orientale e non riuscendo a dare un senso europeo alle iniziative «cinesi» degli stati membri, tenta di bloccarle, soprattutto quelle, simboliche, dove si può far la voce grossa senza pagare pegno. Dunque, avanti tutta? Dare a Usa e UE le rassicurazioni del caso, ma rischiare anche le loro reazioni per affermare il diritto a un rapporto diretto e, perché no, privilegiato con la Cina? Sì, se il gioco vale la candela. Se il governo legastellato fosse consapevole - cosa che non è, in colpevole continuità coi governi precedenti - che la partita della Via della Seta marittima coincide con quella della gestione della più importante relazione di traffico globale, quella Europa-asia, dove la «rottamazione» globale delle rotte, che vede Suez vincente, e delle flotte, sempre più dominate dalle meganavi, dei porti e dei sistemi logistici da attrezzare al consolidamento/deconsolida mento dei megacarichi, sta imponendo investimenti infrastrutturali di dimensioni mai viste; da realizzare, BRI o non BRI, per gestire questi ricchi flussi di traffico. L’italia è (sarebbe?, sarebbe stata?) nelle condizioni di primeggiare in questo gioco globale. Con i suoi due archi portuali, l’alto Adriatico e l’alto Tirreno, entrambi radici mediterranee di corridoi strategici europei, l’italia potrebbe monopolizzare i traffici asiatici da e per il cuore dell’europa (è in questo quadro che si chiarisce anche il valore della TAV, tanto del «buco» della Torino-lione quanto del completamento della Brescia-padova!). Ma per farlo dovrebbe adeguare porti e sistemi logistici alla gestione di navi Suezmax da 20,12 metri di pescaggio e di oltre 18.000 TEU per nave. Obiettivo che non si raggiunge in Alto Adriatico con i soli accordi operativi su Trieste o Ravenna che, a quanto pare, accompagneranno il Memorandum Italia-cina. Avviso ai governanti: nel cassetto dell’autorità di sistema portuale dell’adriatico Settentrionale è custodito, pronto all’esecuzione, il progetto di sviluppo portuale adatto alle navi Suezmax, che metterebbe Venezia e Ravenna in grado di gestire i flussi globali a favore del Nordest, dell’italia e dell’europa, in felice simbiosi con i porti «austro-ungarici» di Trieste, Koper e Rijeka. Se l’italia volesse davvero giocare da protagonista sulla Via della Seta...