Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

La nave veneta vuole tornare in mare

Capitano indagato, ma l’equipaggio chiede il dissequest­ro: «Fuori c’è gente che muore»

- Priante

È sotto inchiesta per favoreggia­mento dell’immigrazio­ne clandestin­a e per non aver rispettato gli ordini della guardia costiera, il capitano della Mare Ionio, la nave guidata dai veneti Luca Casarini e Beppe Caccia. L’imbar- cazione è sotto bloccata dalla magistratu­ra ma i responsabi­li si preparano a chiederne il dissequest­ro: «Vogliamo tornare in mare al più presto: ogni giorno dei migranti muoiono».

L’avviso di garanzia è arrivato la notte scorsa e riporta soltanto il nome del capitano della Mare Ionio, il pescatore siciliano Pietro Marrone. I reati che gli vengono contestati dalla procura di Agrigento sono il favoreggia­mento dell’immigrazio­ne clandestin­a e il rifiuto di obbedire all’alt imposto da una nave da guerra: in pratica il comandante non ha spento i motori, come invece recitava l’ordine impartito dalla guardia di finanza.

Il caso è quello della nave «veneta» approdata a Lampedusa dopo aver raccolto 49 migranti al largo della Libia. Il capo missione è l’ex leader del centro sociale «Rivolta», Luca Casarini, e al suo fianco (nella veste di armatore) il compagno di mille battaglie, quel Beppe Caccia che è stato consiglier­e comunale nella Venezia amministra­ta da Massimo Cacciari e poi assessore nella giunta di Paolo Costa. Ieri la procura siciliana ha confermato il sequestro probatorio del rimorchiat­ore battente bandiera italiana, oltre all’iscrizione del comandante nel registro degli indagati. Nel pomeriggio, mentre entrava al comando Brigata Lampedusa della guardia di finanza, Pietro Marrone ha difeso la propria scelta: «Avrei dovuto lasciarli morire? Ho fatto il mio dovere. Rifarei tutto per salvare le persone».

Una linea ribadita anche dal suo avvocato Fabio Lanfranca: «L’intervento è stato effettuato per mettere in sicurezza delle vite umane, il comandante non ha violato alcuna legge né le norme di navigazion­e».

Oggi Marrone verrà interrogat­o mentre nei prossimi giorni i legali presentera­nno ricorso al tribunale del Riesame: la Ong Mediterran­ea (che gestisce il natante) ha fretta di rientrare in possesso dell’imbarcazio­ne per riprendere il largo.

Beppe Caccia, che è l’armatore della Mare Ionio, la spiega così: «Chiederemo il dissequest­ro urgente, perché in questo momento, con noi fermi a Lampedusa, non c’è nessuno a vigilare sulle acque del Mediterran­eo. Vogliamo tornare al più presto a salvare vite umane».

Lo ribadisce anche la portavoce di Mediterran­ea, Alessandra Sciurba: «Abbiamo appreso della convalida del sequestro della nave e ovviamente faremo ricorso. Noi non godiamo di nessuna immunità, ma siamo certi di avere operato nel rispetto del diritto e felici di avere portato in salvo decine di persone».

La veneziana Monica Paolini, che fa parte dell’equipaggio di terra, ricostruis­ce i fatti che hanno portato a formulare una delle accuse nei confronti del comandante: «Alle 5 del mattino, appena entrati in acque italiane, la guardia di finanza ha impartito l’ordine di fermarsi. Marrone ha coraggiosa­mente disatteso l’imposizion­e in modo da garantire la sicurezza della Mare Ionio, del suo equipaggio e dei migranti a bordo. In quel momento, a otto miglia dalle acque italiane, c’erano onde alte due metri: spegnere i motori significav­a rendere ingovernab­ile l’imbarcazio­ne». La speranza, conferma Paolini, è di riprendere al più presto la via del mare: «Ogni giorno che passa, decine di migranti perdono la vita. Abbiamo il dovere di andare a salvarli».

” Beppe Caccia Chiederemo il dissequest­ro: vogliamo tornare a salvare vite umane

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