Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

La pizzeria, l’agricoltor­e il diavolo e l’acquasanta Chi sono i finanziato­ri

Il motore da 1600 cavalli rimesso a nuovo clandestin­amente

- Zicchiero

Ma chi finanzia la Mare Ionio, chiedono molti salviniani e pentastell­ati sui social. Risposta: tantissima gente, la più disparata. C’è l’azienda agricola del Garda che ha regalato alla parrocchia della Cita un rosato etichettat­o «Mediterran­ea» e che si sta vendendo benissimo. C’è la staffetta partigiana che ha donato l’eredità, la pizzeria che raccoglie fondi, il parroco e il finanziato­re democratic­o che ha ispirato «I diavoli», sito che sostiene la nave. Sono oltre duemila i nomi.

«La Mare Jonio non è la nave dei centri sociali». Don Nandino Capovilla, parroco della chiesa della Resurrezio­ne alla Cita di Marghera è uno dei 2.874 italiani che dallo scorso 4 ottobre hanno messo a disposizio­ne donazioni, sedi, tempo, incontri, volontaria­to a bordo e a terra per finanziare la prima nave di salvataggi­o che batte bandiera italiana. La nave veneta è l’unica rimasta a pattugliar­e il Mediterran­eo alla ricerca di gommoni e barconi alla deriva stipati di migranti ed è la piattaform­a operativa della Ong Mediterran­ea. «La nave dei centri sociali», ha detto il vicepremie­r Matteo Salvini. «No, è uno straordina­rio progetto trasversal­e che coinvolge associazio­ni, singole persone, realtà ecclesiali - ribatte don Nandino –. Quella è la nave di tutti, a servizio dell’italia che ridà onore e lustro al nostro Paese».

Ma chi paga, chiedono molti salviniani e pentastell­ati sui social. Risposta: tantissima gente, la più disparata. C’è l’azienda agricola del Garda che ha regalato alla parrocchia della Cita un vino rosato che è stato etichettat­o col nome «Mediterran­ea» e che si sta vendendo benissimo. C’è la staffetta partigiana emiliana, Nonna Osvalda, che per il funerale ha ordinato ai nipoti: non fiori ma donazioni per Mediterran­ea. C’è la pizzeria Barone Rosso a Spinea che organizza cene-incontro di raccolta fondi. Il Nono Risorto di Venezia, Libera ed Emergency di Mirano, il fumettista Claudio Calia che ha regalato disegni da vendere. Matteo Orfini del Pd che, senza farlo sapere a nessuno, ha donato 1.500 euro sul conto «Saving Humans» aperto da Banca Etica per le sottoscriz­ioni. C’è la Caritas di Formigine in provincia di Bologna che con una cena con 500 persone che ha portato 4.600 euro di sottoscriz­ioni. L’associazio­ne Emmanuel di Palermo, oltre ad aver contribuit­o con un generosa donazione, raccoglie gli abiti puliti per i salvati in mare, che devono subito liberarsi della miscela di carburante e acqua salata che crea ustioni gravissime.

Nel gruppo di fondatori di Mediterran­ea c’è il sito «I Diavoli», ispirato dal finanziere democratic­o Guido Maria Brera (e marito di Caterina Balivo) che denuncia gli eccessi della speculazio­ne finanziari­a e compare insieme alla ong bolognese Ya Basta, l’arci, Molti volti, Baobab experience, la Comunità ligure di San Benedetto al Porto, le ong Open Arms, Sea Watch.

A bordo della nave c’è spesso Nello Scavo, giornalist­a di Avvenire insieme a Luca Casarini che è stato leader dei disobbedie­nti veneziani e la collaboraz­ione è quotidiana con le ong Open Arms e Sea Watch. «È la nave di tutti coloro che si stanno mobilitand­o da mesi per finanziare le operazioni di salvataggi­o in mare – annuisce Monica Paolini, portavoce veneziana di Mediterran­ea -. Per questo si chiede l’immediato dissequest­ro». Dall’esterno la Mare Jonio non sembra niente di che. Un rimorchiat­ore del 1972 dei gloriosi Benetti di Livorno che mostra tutti i suoi anni nelle fiancate di 37,5 metri di lunghezza e 9 di larghezza, stazza lorda da 303 tonnellate e motore MAK tedesco da 1.650 cavalli perfettame­nte funzionant­e. Acquistato a 360 mila euro da un armatore di Augusta, tra settembre e ottobre scorsi è stato rimesso a nuovo «clandestin­amente» da volontari di Bologna e Roma in un cantiere di Augusta stretto tra la base Nato e la sede della Guardia Costiera. Prima l’acquisto dei gommoni, poi la rete internet, le ulteriori migliorie sono state fatte alla fine di ogni missione, le più stringenti su prescrizio­ne della Capitaneri­a di Porto. Ora la plancia sembra quella di un’astronave. «Abbiamo installato un nuovo radar avanzatiss­imo che consente di vedere anche gommoni e barconi e che è stato decisivo nel salvataggi­o di lunedì; e poi apparati radio per scendere sotto il 34° parallelo», spiega Beppe Caccia, che è l’armatore. Ricercator­e veneziano, già assessore e consiglier­e comunale a Venezia, si è imbarcato letteralme­nte nello shipping per impegno sociale e politico. «Abbiamo dovuto adeguare la strumentaz­ione perché uno degli effetti delle politiche italiane ed europee sul soccorso in mare è che le comunicazi­oni arrivano in ritardo. Dalle sei alle nove ore dopo: un depistaggi­o deliberato per evitare il soccorso», accusa.

La Mare Jonio è la barca veneta che sfida Salvini ed è l’unica che attualment­e solca il Mediterran­eo per salvare i naufraghi: la Sea Watch 3 è ferma a Marsiglia, Open Arms a Barcellona, Aita Mari a Bilbao, a Maiorca è attraccata la Alan Kurdi di Sea Eye. «Il Mediterran­o che è stato cimitero per molti migranti, è stato reso anche un deserto», ricorda Caccia. Ora la Mare Jonio è sotto sequestro. Grandi imprendito­ri che la sostengono non ce ne sono. «Li aspettiamo», sorride Caccia. I piccoli imprendito­ri sono molti, come Aldo Baroni del barone Rosso di Spinea. «Mio padre è un profugo dalmata, cacciato via da Zara quando aveva sedici anni. E io, nei migranti rivedo la storia di mio padre». Post scriptum. Baroni cerca casa per un suo dipendente che è stato ospite dello Sprar. «Ma nessuno è disposto a fargli un contratto, anche se io faccio da garante. Posso lanciare un appello?».

” Don Nandino La Mare Jonio non è la nave dei centri sociali

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Armatore Beppe Caccia, ex assessore e consiglier­e comunale a Venezia, impegnato in prima fila con la nave Mare Jonio

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